28 Marzo 2024

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L’intervista a Ginevra Piscitelli, figlia di Diabolik, nel corso di Non è l’Arena condotta da Massimo Giletti – DIABOLIK Ginevra Piscitelli

DIABOLIK Ginevra Piscitelli – Massimo Giletti è riuscito a far parlare Ginevra Piscitelli, figlia di Fabirizio alias Diabolik. La ragazza ha rilasciato un’intervista alla trasmissione Non è l’Arena, in onda questa sera su La7:

Ci eravamo scambiati dei messaggi poco prima che lo uccidessero, nessuno di noi pensava a qualcosa del genere. Ma nei giorni dopo la sua morte ho avuto paura. La cosa che mi ha pesato più di tutto è che quasi il mio dolore non fosse legittimo perché le notizie che sono uscite lo descrivono come un boss e quindi è come se io e la mia famiglia dovessimo aspettarci una cosa del genere. Mio padre fu condannato a quattro anni di carcere ma oggi era libero: non era un boss mafioso, non ci vuole molto a capire che con quattro anni non puoi essere associato a nienteDopo due mesi non c’è ancora il nome dell’assassino. Mio padre padre era molto amato. Ci ripeteva che avrebbe voluto fare di più per noi“.

Tanti ricordi

Uno dei momenti più felici in cui l’ho visto è senz’altro il matrimonio di mia sorella, mentre quello più brutto che ricordo è quando è l’arresto, ricordo fu molto brutto brutto, anche lo stare in carcere e il periodo che ne sussegue. Avevo ancora 16 anni e già lo andavo a trovare in carcere. Quello è un posto molto brutto, non hanno sensibilità, ti trattano come pacchi postali invece di persone e non è così. Cosa ci diceva? Che avrebbe voluto fare di più per noi, che avrebbe voluto lasciarci più tranquille. Ma era una persona che sapeva rimediare”.

“Non so se lui avrebbe preferito rimanere in carcere per tutta la vita piuttosto che morire. Però sicuramente era una persona che amava la vita. L’ultimo messaggio che gli ho inviato è stato alle 18.20 del 7 agosto, gli ho mandato una foto con una mia amica, stavamo facendo un aperitivo, mi ha chiesto se le patatine fossero in busta. Era uno curioso. Il tatuaggio appena fatto con la frase ‘Abbi cura di tutto, ti amo Mapo’?. Io lo chiamavo così, mi dava sempre delle raccomandazioni alla fine delle lettere quando era in carcere”.

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