29 Marzo 2024

ROMA E DINTORNI

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La Madonna del Divino Amore rappresenta l’anello di congiunzione tra Maria e Roma. A lei i cittadini dell’Urbe hanno dedicato un santuario a Castel di Leva, una ridente cittadina a 12 chilometri dalla Capitale immersa nell’agro Romano. E proprio qui ogni anno di questi giorni si ritrovano per renderle omaggio di fronte alla sua immagine: un dipinto del XIII secolo che rappresenta la beata Vergine con Gesù bambino in grembo e lo Spirito Santo (impersonato da una colomba) a fargli ombra.

MADONNA DEL DIVINO AMORE, LE ORIGINI

Proprio da quest’ultimo deriva il nome dato al culto, il cui inizio è datato alla primavera del 1740. Merito di un pellegrino, che, in viaggio verso la Basilica di San Pietro, si perse nella campagna, allora inospitale e pericolosa, intorno a Castel di Leva. Avendo notato un abitato su di una collina, decise di recarvisi, speranzoso di trovare qualcuno che potesse aiutarlo a tornare a Roma. Durante il tragitto, però, viene assalito e circondato da alcuni cani rabbiosi.

Pieno di paura, notò sulla torre del Castello dei Leoni l’immagine oggi venerata nel santuario. Pensò così di chiedere aiuto alla Madonna, affinchè lo salvasse da quel pericolo. E d’improvviso ecco il miracolo: le bestie che si fermano e si danno poi alla fuga. Allarmati dalle urla del viandante, accorsero poi sul posto alcuni pastori, ai quali riferì quanto gli era accaduto e loro gli fornirono le indicazioni per proseguire il suo viaggio. La notizia si sparse ben presto per la città e numerosi pellegrini cominciarono ad accorrere presso l’icona.

MADONNA DEL DIVINO AMORE, SOTTO LE BOMBE

Protagonista di un altro avvenimento prodigioso durante la seconda guerra mondiale. L’8 settembre del 1943 le bombe colpirono infatti l’area del Santuario. L’immagine fu però tratta in salvo e portata a Roma nel gennaio del 1944, tra due ali di popolo giubilante. All’inizio fu collocata nella chiesetta a lei dedicata, presso piazza Fontanella Borghese. Poi, visto che il numero di persone che voleva vederla aumentava sempre di più, si decise di portarla nella più spaziosa San Lorenzo in Lucina.

Siamo a maggio, alla vigilia della battaglia tra nazisti e alleati per conquistare Roma.Fu allora che papa Pio XII decise di fare appello ai cittadini perchè pregassero per lo scampo della città al massacro. Così in tantissimi iniziarono a recarsi a San Lorenzo: circa 15mila persone, secondo le cronache dell’epoca, ricevevano infatti la comunione ogni giorno. Per questo, l’icona fu trasferita nella più ampia chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, a Campo Marzio. Che si riempì di fedeli la sera del 4 giugno, poco prima dello scontro decisivo.

Nell’occasione, con un voto solenne, i romani promisero alla Madonna di cambiare comportamento e di erigere un nuovo santuario e un’opera di carità a Castel di Leva. Il tutto in cambio della salvezza di Roma. La sera stessa, i nazisti si ritirano dalla città, lasciando spazio all’entrata trionfale delle truppe alleate. Come ringraziamento, l’11 giugno lo stesso Papa officiò in Sant’Ignazio una messa per la Madonna del Divino Amore. Che da quel momento fu fregiata del titolo di ‘Salvatrice dell’Urbe’.

MADONNA DEL DIVINO AMORE, IL NUOVO SANTUARIO

Al termine della guerra, il voto fu adempiuto e per il santuario iniziò un periodo di grande splendore sotto la guida del rettore, don Umberto Terenzi. Fu avviata la costruzione del seminario degli oblati del Divino Amore, da allora custodi del luogo sacro. A coadiuvarli la Congregazione delle figlie della Madonna del Divino Amore, che ancora oggi si occupano delle opere di carità simbolo dell’attività del santuario. Tra esse, molte dedicate ai bambini, come la scuola per l’infanzia e l’accoglienza e l’assistenza alle minori in difficoltà.

A causa di lungaggini sotto il profilo burocratico e logistico, l’opera vide però la luce solo nel gennaio del 1996. La posa della prima pietra, presieduta dal cardinale Camillo Ruini, fu effettuata invece durante il Giubileo del 2000. La struttura, che può accogliere fino a 1500 pellegrini, si trova ai piedi della collina, all’esterno delle antichità. Ciò per non violare il paesaggio della campagna romana e il complesso monumentale risalente al Settecento.

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