Cronaca
La mafia siciliana è stata allontanata, ora posso tutto.
Io sono quello che ha mandato via la mafia siciliana da Ostia». Così si presentava Roberto De Santis, noto come “er Nasca”, boss del lungomare capitolino, all’imprenditrice Barbara Mezzaroma, tentando di estorcerle 500 mila euro con l’aggravante del metodo mafioso, in cambio di “protezione”. Già condannato in primo grado a cinque anni nel maggio 2023, la sentenza è stata confermata in Appello nel febbraio 2024 ed è diventata definitiva lo scorso primo ottobre quando la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei suoi legali. Di recente, per De Santis si sono riaperte le porte del carcere, mentre il suo complice, Paolo Papagni, rimane agli arresti domiciliari. Papagni, imprenditore, aveva fatto da tramite tra la Mezzaroma e Nasca e anch’egli è stato condannato a cinque anni in via definitiva.
GLI INCONTRI
Mezzaroma è stata contattata per la prima volta a settembre 2021 da Papagni, che già conosceva. L’uomo le aveva spiegato che per evitare problemi con il suo progetto urbanistico a Ostia, valutato circa 100 milioni di euro, avrebbe dovuto interfacciarsi con Nasca, definito «l’uomo degli equilibri», «il capo dei capi di Ostia». Papagni sosteneva che Nasca, per il suo spessore criminale, fosse l’unico in grado di offrire protezione da danneggiamenti ed estorsioni e gestire le ditte per l’esecuzione dei lavori. Nasca le avrebbe chiesto 500 mila euro, “solo” il 5% del totale del progetto, a titolo di protezione. Comprendendo la vera natura dell’attività, Mezzaroma ha denunciato l’accaduto ai carabinieri, avviando un’indagine che ha portato all’arresto di De Santis e Papagni.
LE INDAGINI
Durante l’inchiesta, i carabinieri hanno intercettato un incontro in cui De Santis si vantava con la vittima di essere il boss più potente di Ostia, affermando di aver cacciato via la mafia siciliana con la violenza e di avere l’autorità di influenzare i titolari delle ditte partecipanti. «Ho molte persone sennò non potevo stare qui, darle certe garanzie», dichiarava Nasca. Papagni, per cercare di convincere l’imprenditrice, asseriva che il boss di Ostia «era stato alla scuola di Matteo Messina Denaro e che, se non avesse fatto il delinquente avrebbe fatto il ministro». I giudici del secondo grado non hanno esitato a confermare la sentenza di primo grado, ritenendo le prove incontrovertibili.
Oltre alla conferma delle pene di cinque anni, i condannati sono stati obbligati a pagare le spese sostenute dalle parti civili: due mila euro a varie associazioni antiusura e tre mila euro a Barbara Mezzaroma.