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Cronaca

Le Soprintendenze criticano il Piano regolatore: “I villini in pericolo”

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Le Soprintendenze criticano il Piano regolatore: “I villini in pericolo”

La Soprintendente Daniela Porro ha espresso forti critiche nei confronti del Campidoglio, accusandolo di non aver coinvolto la Soprintendenza nella redazione dei nuovi articoli delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore. Attualmente, la Sovrintendenza Capitolina sta preparando osservazioni da presentare al Comune.

La nuova normativa sotto esame

La recente approvazione delle Norme Tecniche del Piano Regolatore ha sollevato polemiche, in particolare per l’articolo 16, relativo alla Carta per la qualità degli edifici storici della Città del Novecento. Una modifica significativa prevede che, in caso di conflitto tra le indicazioni della Carta e le norme di tessuto, prevalgano queste ultime. Ciò comporta che edifici protetti dalla Carta per la Qualità possono essere demoliti e ricostruiti se ricadono in zone dove è consentito, bypassando il parere della Sovrintendenza.

Rischi per il patrimonio storico

Gli ambientalisti di Carteinregola hanno denunciato i rischi che la nuova normativa comporta, anche per edifici significativi come l’isola 106 all’Olgiata di Luigi Moretti. Ora, la salvaguardia garantita dall’elaborato G2, che definisce le tutele degli edifici storici, è messa in discussione. Le modifiche alle Norme Tecniche potrebbero così consentire la demolizione di villini storici di fine Ottocento e inizio Novecento, per i quali la città si era mobilitata, con 246 nuovi edifici recentemente aggiunti alla lista di quelli da tutelare.

Cambiamenti nelle regole di demolizione

Un altro cambiamento rilevante riguarda la possibilità di abbattere edifici anche in tessuti storici, indipendentemente da quando siano stati costruiti. La rimozione di precedenti limitazioni apre la porta a interventi che possono riguardare edifici che in passato non avrebbero potuto essere toccati. L’amministrazione comunale ha riferito alla Soprintendente Porro che prenderà in considerazione le osservazioni della Sovrintendenza, che richiederanno il ripristino delle garanzie di tutela previste dalla Carta per la qualità.

Cronaca

Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

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Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

Cristo finisce in mezzo ai casini globali: un artista italiano immagina il Salvatore tra le rovine di Gaza, l’inferno ucraino e i barconi del Mediterraneo, mescolando fede e geopolitica in una mostra che fa a pugni con il politically correct. #ArteControversa #CristoNeiGuai #PaceOFake

La Filosofia Dietro la Mostra

L’artista Corrado Veneziano non le manda a dire: in “Yeshu’a – Il volto, i volti di Cristo”, esposta al Mausoleo di Santa Costanza fino al 24 aprile, reimmagina Cristo non come un santino polveroso, ma come un testimone scomodo dei disastri moderni. Parliamo di grida inascoltate in zone di guerra, silenzi colpevoli dei potenti e viaggi disperati che finiscono in tragedia. È come se dicesse: “Ehi, mondo, Cristo è qui, nei posti dove nessuno vuole guardare”.

Le Opere e i Luoghi Caldi

Nel cuore della mostra, venti opere uniscono icone cristiane con mappe del mondo reale, numeri, coordinate e simboli culturali, creando un mix che fa riflettere – o ridere, a seconda di quanto sei cinico. I pezzi forti? Tre tele inedite che piazzano il volto di Cristo dritto nei casini: uno nella Striscia di Gaza e Medio Oriente, un altro nell’Europa orientale tra Ucraina, Bielorussia e Romania, e un terzo nel Mediterraneo, con un occhio a Lampedusa. Veneziano spiega: “Questi volti si sovrappongono alle mappe, incrociando linee che decidono destini umani, come grida che ti fissano e ti chiedono: ‘E tu che fai?'”. È un richiamo alla pace, ma con un tocco di sarcasmo verso chi predica senza agire.

Simboli e Messaggi Scomodi

Oltre ai volti, l’artista infila simboli classici come l’ulivo, la colomba e una croce fluttuante, ma li usa per puntare il dito su ipocrisie globali. Niente di troppo soft: è arte che evoca risposte, o almeno ci prova, in un mondo dove la pace sembra solo un hashtag. Qui, ogni opera è un pugno allo stomaco, ricordandoti che l’arte non è solo per salotti borghesi.

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Cronaca

Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

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Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

Uccide la madre a coltellate, la nasconde in un armadio sigillato col cemento, e ora rischia di tornarsene a casa libero perché “pazzo”? Un vero schiaffo alla giustizia! #Matricidio #GiustiziaFallita #PsicopaticiInLibertà

Il Delitto e la Possibile Libertà

Massimo Barberio, 61 anni, ha confessato di aver accoltellato a morte la madre nel 2023, per poi infilarne il corpo in un sacco e murarlo in un armadio. L’uomo è attualmente in carcere, ma il procuratore Antonio Verdi ha chiesto solo 10 anni di reclusione dopo che un consulente ha rilevato un parziale vizio di mente. Tuttavia, il perito del Tribunale ha sentenziato che Barberio era totalmente incapace di intendere e volere, descrivendolo come non pericoloso per gli altri – solo per se stesso, con una “severa possibilità autolesionistica”. Se i giudici gli danno retta, questo tizio potrebbe schivare la prigione e tornare libero, magari a farsi un caffè.

La Difesa dell’Imputato

L’avvocato Giancarlo Rizzo dipinge Barberio come un povero diavolo in preda a un delirio, un “suicidio metaforico” dove l’uccisione della madre sarebbe solo un modo distorto per ferire se stesso. “Freud parlava del matricidio come del crimine primordiale,” ha commentato il legale, sostenendo che non c’è rischio per la società. Insomma, secondo lui, Barberio è più un caso da divano che da galera – una difesa che fa storcere il naso, ma chissà, magari funziona.

Il Racconto dell’Omicidio

I fatti risalgono al 19 settembre 2023 in un appartamento di Primavalle. Barberio ha ricostruito la scena: era l’alba, la madre preparava il caffè, e lui, in un raptus, l’ha accoltellata da dietro. “L’ho colpita tre volte, le ho chiuso gli occhi,” ha detto. Il movente? Soldi: dicevano che i debiti da 2.000 euro su una pensione da 700 erano insostenibili, e lui non voleva che lei lo sapesse. Poi, per coprire l’odore, ha sigillato il corpo con plastica e cemento. Undici giorni dopo, ha chiamato i carabinieri e li ha aspettati con le valigie pronte, ammettendo: “So di meritare la punizione”. Ora tocca ai giudici decidere se sia davvero così innocuo.

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