Attualità
Il paradiso turistico che sta scomparendo sotto l’oceano: la nazione sull’orlo dell’abisso

HaiMaiPensatoCheUnParadisoPotrebbeScomparire? #MaldiveInPericolo
Immagina un lussuoso paradiso di spiagge bianche e acque turchesi che rischia di essere inghiottito dall’oceano – è questo il destino che potrebbe attendere le Maldive, l’arcipelago più basso del mondo, a causa dell’innalzamento del livello del mare. Con l’Oceano Indiano sempre più caldo e imprevedibile, le conseguenze del cambiamento climatico stanno trasformando queste icone del turismo in un’emergenza globale, attirando l’attenzione di viaggiatori e ambientalisti che si chiedono se queste isole esotiche sopravviveranno al prossimo secolo.
Le isole Maldive, un arcipelago composto da circa 1.200 isole di origine corallina, si trovano ad un’altitudine media di appena 1,5 metri sul livello del mare, rendendole particolarmente vulnerabili. Secondo National Geographic, con l’avanzare dell’oceano, le isole Maldive stanno affrontando una crisi esistenziale. L’erosione costiera, le frequenti inondazioni e la salinizzazione delle fonti di acqua dolce stanno colpendo non solo l’ambiente, ma anche la qualità della vita dei suoi oltre 500.000 abitanti.
Il Paradiso che Sta Affondando
Famosissime per i loro resort di lusso sull’acqua e la biodiversità marina, le Maldive potrebbero diventare la prima grande vittima del turismo sommerso dal cambiamento climatico. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, se le emissioni globali di gas serra non saranno drasticamente ridotte, gran parte del territorio maldiviano potrebbe finire sommersa entro la fine di questo secolo.
Lotta Sott’acqua per la Sopravvivenza
Il governo delle Maldive è stato particolarmente attivo nei forum internazionali sul cambiamento climatico. Nel 2009, l’allora presidente Mohamed Nasheed ha tenuto una riunione di gabinetto sott’acqua, utilizzando attrezzatura subacquea, per attirare l’attenzione del mondo sulla gravità del problema. Da allora, l’isola ha investito in infrastrutture galleggianti, muri di contenimento e proposte tecnologiche per contrastare l’avanzata dell’oceano.
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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