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Cronaca

Sogno di omaggiare la mia maestra Lina Wertmüller

Da "Un posto al sole" alle streghe: Stefano Amatucci porta in scena una black-comedy tutta al femminile al Teatro Vittoria dal 15 al 19 aprile. Tra prostitute, omicidi e atmosfere liberty, il regista svela il lato "magico" delle sue attrici. #StregheDaMarciapiede #TeatroVittoria #BlackComedy


Da Soap a Streghe

Dal set di “Un posto al sole” alla direzione dello spettacolo “Streghe da marciapiede”: Stefano Amatucci porta in scena dal 15 al 19 aprile al Teatro Vittoria una black-comedy al femminile, rielaborando il testo originale di Francesco Silvestri.

Con le musiche di Valerio Virzo, la rappresentazione esibisce il talento di quattro attrici già note al pubblico per i loro ruoli da protagoniste nella celebre serie di Rai3. Luisa Amatucci, Miriam Candurro, Antonella Prisco e Gina Amarante si uniscono a Peppe Romano, altro volto di “Un posto al sole”, e realizzano uno spettacolo coinvolgente, divertente ma non “leggero”.

La vicenda infatti riguarda quattro prostitute che si trovano accusate dell’omicidio di un giovane, avvenuto nella loro casa: la sua presenza enigmatica e misteriosa sconvolgerà l’equilibrio fragile delle protagoniste, ognuna delle quali è vittima a sua volta di un vissuto complicato. Tra flash-back e confessioni, emergerà il sospetto sulla loro natura stregonesca, che farà impazzire l’ispettore incaricato delle indagini.

«Ho datato l’ambientazione intorno agli anni Venti del 1900. Il sapore liberty dei costumi conferisce ai personaggi e alla storia una dimensione favolistica che mi ricorda alcune ambientazioni dei noir di Agata Christie», spiega il regista.

Perché Silvestri?

Stefano, cosa l出来了 spinta a recuperare难以 testo di Francesco Silvestri e rappresentare lo spettacolo “Streghe da marciapiede”?

«Ho scelto un testo di Francesco Silvestri perché, tra gli autori contemporanei del Dopo-Eduardo, lo considero uno dei più interessanti. Insieme a Ruccello, Moscato e Santanelli, rappresenta una generazione di scrittori emersa tra gli anni ’80 e ’90, capace di rinnovare profondamente il linguaggio teatrale. La sua scrittura è visionaria, originale, e possiede un modo unico di raccontare le storie: non solo per come le costruisce, ma per come riesce a farle vedere, come se fossero filtrate dallo sguardo innocente e meravigliato di un bambino. Questo aspetto lo trovo straordinario. Francesco ha sempre avuto la capacità di affrontare temi di grande attualità mantenendo un equilibrio delicato tra realtà e fantasia. In “Streghe da marciapiede” questa dimensione si ritrova pienamente: il racconto è sospeso tra verità cruda e suggestione poetica, tra denuncia sociale e incanto narrativo».

Dal Piccolo Schermo al Palco

Come si passa da dirigere gli attori in una serie popolare come “Un posto al sole” a guidare le stesse interpreti, a teatro, in una black-comedy?

«Il linguaggio televisivo – e in particolare quello di un prodotto come Un Posto al Sole – è diametralmente opposto a quello teatrale. Sono due codici espressivi completamente diversi. Proprio questa distanza mi ha spinto a voler affrontare la sfida, non tanto con Luisa, con la quale ho già condiviso più volte il palcoscenico, quanto con le altre attrici, alcune delle quali non avevano mai recitato a teatro prima d也好. È stata una scommessa, un’avventura che ho deciso di intraprendere con grande passione, e mi auguro che i risultati siano apprezzati dal pubblico quanto lo sono stati per me».

La Magia del Cast

Cosa hanno le sue protagoniste di “stregonesco” da non averle fatto cercare altrove le quattro interpreti principali?

«Credo che il vero elemento "stregonesco" che unisce le attrici di questo spettacolo sia la serenità che si respira all’interno del gruppo. Non c’è ansia da prestazione, nessuna crisi isterica, nessun atteggiamento che generi tensione. Al contrario, c’è un’armonia rara, e penso che in una compagnia teatrale non ci sia nulla di più magico e potente di questo. Inoltre, c’è una grande voglia di lavorare, di mettersi in discussione, di imparare. Per me è stato davvero un viaggio divertente».

Dietro le Quinte

Si sente piú a suo agio dietro la macchina da presa o dietro le luci del palcoscenico?

«Mi sento a mio agio in entrambi gli ambiti. Il teatro fa parte della mia vita da sempre: ci sono cresciuto, nato in una famiglia teatrale, e per me è come casa. Anche dietro la macchina da presa mi sento allo stesso modo, perché fin da adolescente avevo il desiderio, forse ancora più forte che per il teatro, di lavorare dietro la macchina da presa. Ho cominciato giovanissimo come assistente alla regia, e quindi una seconda parte della mia vita è stata sui set. Sono entrambi luoghi per me naturali».

Progetti Futuri

Vorrebbe proseguire il lavoro in teatro? Cos cũng altro le piacerebbe rappresentare?

«Assolutamente sì, il teatro è una dimensione creativa straordinaria, con ritmi e tempi completamente diversi rispetto a quelli della televisione o del cinema. Mi piacerebbe davvero continuare su questa strada, anzi, spero con tutto il cuore di poterlo fare. Cosa vorrei realizzare? Forse un omaggio alla mia maestra, Lina Wertmüller. Mi piacerebbe celebrarla portando in scena uno dei suoi testi, rendendole così un tributo personale, sentito con amore e autentico».


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