Secondo una recente ricerca condotta dall’Università della California a San Francisco (UCSF) e pubblicata su JAMA Internal Medicine, fino a cinque casi di tumore su cento potrebbero essere legati all’uso della tomografia computerizzata (TAC).
Gli autori dello studio sottolineano come l’esposizione alle radiazioni ionizzanti emesse durante questi esami diagnostici possa aumentare il rischio di sviluppare vari tipi di cancro, in particolare ai polmoni, al seno e ad altri organi. Il pericolo è particolarmente elevato per neonati, bambini e adolescenti, ma anche gli adulti sono potenzialmente esposti, dato il largo impiego di queste tecniche.
“La TAC può salvare vite, ma spesso se ne sottovalutano i rischi”, ha affermato Rebecca Smith-Bindman, radiologa e prima autrice dello studio, nonché docente di epidemiologia, biostatistica e ostetricia alla UCSF. “Se l’attuale frequenza d’uso non cambia, potremmo assistere a un incremento significativo dei casi di tumore negli anni a venire”.
Nel solo 2023, negli Stati Uniti sono stati eseguiti circa 93 milioni di esami TAC. Secondo le stime dei ricercatori, da questi esami potrebbero derivare circa 103mila nuovi casi di tumore, un numero tre o quattro volte superiore rispetto alle previsioni precedenti.
Smith-Bindman ha paragonato il rischio associato alla TAC a quello di altri fattori ben noti come l’abuso di alcol e l’obesità, ribadendo l’importanza di ridurre sia il numero delle scansioni effettuate sia la dose di radiazioni utilizzata per ciascuna.
Nonostante l’utilità clinica della TAC – fondamentale per individuare tumori e diagnosticare numerose patologie – l’uso intensivo di questa tecnologia, aumentato del 30% dal 2007 negli Stati Uniti, comporta un’esposizione significativa a radiazioni potenzialmente cancerogene.