Cronaca
ROMA Lettere dell’Ama a Comune e banche

ROMA Lettere dell’Ama a Comune e banche. Il presidente dell’azienda municipalizzata Lorenzo Bagnacani ha scritto tre lettere con l’obiettivo di assicurare ad Ama la continuità aziendale e disporre della sufficiente liquidità.
Lettere dell’Ama a Comune e banche. In due lettere, indirizzate al Campidoglio, si chiede al socio unico Comune di Roma di farsi presto garante con le banche per mantenere le linee di credito necessarie all’azienda per pagare fornitori e stipendi e, come misura straordinaria, poter trattenere la tranche di Tari incassata relativa a novembre e dicembre. In una terza lettera alle banche si chiede di erogare dal 18 febbraio linee di credito per almeno 110 milioni. All’origine delle preoccupazioni c’è la stabilità aziendale dopo la bocciatura del bilancio 2017 della municipalizzata dei rifiuti di Roma da parte della giunta comunale.
All’origine del no dell’esecutivo c’è il nodo di alcune partite pregresse tra Comune e Ama. Questa scelta, dopo mesi di stallo, ha comportato le dimissioni dell’ex assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari. Secondo il Campidoglio e la sindaca Virginia Raggi l’Ama deve modificare il bilancio 2017 in tempi brevi “sbloccando l’impasse”. In un recente incontro con i sindacati del settore la Sindaca aveva rassicurato: “Ama non rischia il fallimento. Rassicuro lavoratori e dipendenti. L’azienda municipalizzata è solida e non c’è alcun problema con i pagamenti”.
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Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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