Cronaca
13enne rom capo della baby gang dell’Appio Claudio

Fermata dalla Polizia di Stato una baby gang ad Appio Claudio. Rapina aggravata e tentata estorsione: questi i reati contestati.
Nei mesi di Giugno e Luglio avevano di fatto terrorizzato l’intero Quartiere Appio Claudio, prendendo di mira coetanei e minorenni, costretti, sotto la minaccia di essere percossi, a cedere i loro averi, quali biciclette o denaro contante; ma nonostante le numerose segnalazioni giunte presso il Commissariato di Polizia Tuscolano, solamente due giovani parti offese hanno avuto il coraggio di denunciare quanto accaduto, fornendo elementi utili all’identificazione dei componenti di questa spregiudicata baby-gang che, dopo gli eventi criminali, con il potere intimidatorio tipico del gruppo, induceva le vittime a non raccontare nulla ai genitori e alle forze dell’Ordine, creando un muro di omertà difficile da scalfire.
Gli investigatori del Commissariato Tuscolano dopo un’intensa attività d’indagine sono riusciti a risalire alle generalità di tutti i componenti della baby-gang, composta da un ragazzo appena diciottenne, da un altro di anni 16 e da un giovane di etnia rom di soli 13 anni, considerato, a tutti gli effetti, per la sua determinazione il “capo” del gruppo.
Su disposizione della Procura della Repubblica di Roma, per i reati di rapina aggravata e tentata estorsione, personale del Commissariato Tuscolano notificava al ragazzo maggiorenne un Ordine di Custodia Cautelare in carcere, mentre al ragazzo minore, la Procura della Repubblica di Roma c/o il Tribunale per i minorenni, per i medesimi reati, disponeva l’obbligo della permanenza in casa; il “capo” della baby-gang, minore di anni 14 all’epoca dei fatti, e pertanto non imputabile per i fatti incriminati, veniva segnalato all’AG competente.
Cronaca
Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.
Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.
Cronaca
Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.
Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.
Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.
Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?
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