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I giovani esagerano ed aumentano le challenge: la tecnologia prende il sopravvento

I giovani esagerano ed aumentano le challenge che spesso e volentieri mettono in difficoltà i giovani che non sanno poi più che scelte compiere. Ecco l’opinione della psicologa e criminologa Alessia Micoli
I giovani esagerano ed aumentano le challenge che mettono in pericolo i giovani – Lo sviluppo della tecnologia ed il lockdown, dovuto all’emergenza sanitaria del Covid19, hanno portato la maggior parte delle persone a stare molto tempo con il cellulare, sui social e soprattutto nel mondo virtuale. Purtroppo le vittime maggiori sono i minorenni ed i giovani rischiano di esagerare, non solo per la quantità di tempo che vi passano ma soprattutto per la qualità; oramai la loro generazione è la generazione hastag in cui la vita è solamente online. La scuola è divenuta virtuale, pensiamo alla Dad che li ha aiutati a sviluppare metodi tecnologici. Spesso e volentieri sono attratti dal cercare di accumulare più followers possibili, nei propri profili social, per accrescere la propria autostima basata sul riconoscimento sociale; soprattutto in questo periodo in cui la sfera sociale ne ha risentito maggiormente.
I ragazzi sono spinti dal volere essere notati, ricordati, di essere messi alla prova, di scoprirsi e di essere accettati dal gruppo. Molte volte si cimentano in sfide molto più grandi di loro e le conseguenze sono davvero drastiche, basti pensare alla triste vicenda della piccola Antonella Sicomero che ci ha lasciato a soli dieci anni per fare una challenge “Black out” sul social Tik Tok, la minore è stata trovata con una cintura dell’accappatoio al collo. Questa sfida chiamata “gioco dell’asfissia”, consiste nel mettersi una cintura al collo e stare più tempo senza che l’ossigeno arrivi al cervello, mettendo il video in rete.
È una sfida che miete vittime, già nel 2018 il 6 settembre è morto un giovane di 14 anni Igor Maj a causa di questo gioco. Le challenge sulla rete sono moltissime: Blue Whale, Skullbreaker, Mannequin, Samara, Face App, Pausa, Bird Box, Tide Poss, High File Selfie, Neyman, Milk, Carsurfing, Balconing, Cactus bite, Cinnamon. La forma migliore di prevenzione è la sensibilizzazione, ovvero il parlare e spiegare ai ragazzi le conseguenze del cattivo utilizzo del cellulare o del tablet.
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Il turismo che non vogliamo. “Stop ai viaggi organizzati lungo il confine di Gaza”

Denunciamo con sdegno la promozione, da parte di alcune note agenzie turistiche internazionali, di “tour della realtà” al confine con Gaza, trasformando la tragedia umana della popolazione palestinese in un’attrazione turistica. Siamo di fronte a un’operazione cinica e inaccettabile, che sfrutta la sofferenza e la distruzione provocate da mesi di guerra per offrire “esperienze forti” a pagamento, con pacchetti che promettono scorci di città bombardate e la possibilità di “vedere con i propri occhi il confine con Gaza”.
Il tutto mentre la popolazione palestinese è sottoposta a bombardamenti, assedi, fame e deportazioni. Questa mercificazione del dolore umano è un oltraggio alla memoria delle vittime, una forma moderna di pornografia bellica, che contribuisce a normalizzare l’occupazione, la violenza e la disumanizzazione di un intero popolo.
Mentre la comunità internazionale dovrebbe mobilitarsi per il cessate il fuoco immediato e il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, c’è chi specula sulla guerra come se fosse un set cinematografico. È il riflesso più degradato di un sistema che fa profitto anche sulle macerie. Chiediamo l’immediata rimozione di questi “tour” dai portali di viaggio internazionali e l’apertura di un dibattito pubblico sull’etica del turismo nei contesti di conflitto.
Alcuni siti che promuovono questi viaggi sono tra i più visitati al mondo e contribuiscono a una narrazione tossica, che presenta solo un lato della guerra, legittimando l’occupazione e criminalizzando le vittime. Esprimiamo piena solidarietà al popolo palestinese e continueremo a battersi, in Italia e in Europa, contro il genocidio in corso a Gaza e contro ogni tentativo di strumentalizzarne il dramma. La guerra non è uno spettacolo. La morte non è un souvenir. Il turismo dell’orrore è complicità con il genocidio!”. Lo dichiara Giovanni Barbera della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista.
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Art of play Roma e il lavoratore preso a pugni senza contratto. La risposta ufficiale della mostra

L’organizzazione della mostra Art of Play desidera esprimere innanzitutto il proprio rammarico per l’episodio recentemente avvenuto presso l’esposizione in corso a Roma.
Dopo il pugno ricevuto che ha fatto il giro del web, arriva la nota ufficiale dell’azienda.
“Art of Play si avvale di agenzie esterne specializzate per l’ingaggio di performer e figuranti, tra cui la persona coinvolta nell’episodio. L’organizzazione di Art of Play ha un rapporto regolare con queste agenzie, pertanto non è direttamente coinvolta nei rapporti tra le agenzie e i lavoratori. Art of Play esprime ancora una volta vicinanza alla performer e si impegna a verificare eventuali irregolarità in sede appropriata”.
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