Cronaca
Francesco Valdiserri ucciso, le motivazioni della condanna all’investitrice
Francesco Valdiserri ucciso, il tragico incidente lo scorso ottobre su via Cristoforo Colombo

Francesco Valdiserri ucciso, un anno dopo parla il giudice. E spiega i termini della pena inflitta a chi lo ha investito.
La 24enne il 12 luglio è stata condannata in abbreviato a 5 anni a causa di “una condotta di guida (quella tenuta il 19 ottobre su via Cristoforo Colombo ndr) grave e irresponsabile. La quale ha portato alla morte un ragazzo di appena 19 anni e messo a rischio la vita di almeno altre due persone, oltre che della propria“.
FRANCESCO VALDISERRI UCCISO, LE CONTESTAZIONI DEL GIUDICE ALL’IMPUTATA
Alla giovane il magistrato contesta di aver commesso il fatto “dopo essersi vista sospendere la patente per sei mesi“. Ma anche di “essersi rifiutata di sottoporsi agli esami tossicologici dopo un controllo stradale“. E non dimentica nemmeno che “era alla guida della sua auto da neopatentata“.
A suo giudizio, inoltre, la ragazza, fino a tutta l’ultima primavera, sarebbe stata dipendente dagli alcolici e avrebbe abusato di cocaina. Lo dimostra che, dal giorno del fatto, sarebbe risultata positiva per l’assunzione delle due sostanze, oltre che di ecstasy.
La 24enne deve rispondere di omicidio stradale aggravato. Quando si è messa al volante, infatti, il suo tasso alcolemico sarebbe stato tre volte oltre il consentito. Secondo il giudice, inoltre, l’amico che era con Francesco e i due nell’auto si sarebbero salvati per una “felice fatalità“.
Quanto alla velocità a cui la ragazza viaggiava, essa è stata considerata “eccessiva sia in relazione allo stato dei luoghi che alle sue condizioni fisiche. E comunque di molto superiore al limite di velocità“. La 24enne non avrebbe rallentato nemmeno dopo precedenti sbandate, effettuate tra l’altro con un mezzo dai pneumatici non in perfette condizioni.
Cronaca
Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.
Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.
Cronaca
Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.
Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.
Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.
Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?
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