Cronaca
Strage Fidene, parla il killer: “Non volevo colpire le persone”
Strage Fidene, la testimonianza ai pm dell’assicuratore Claudio Campiti

Strage Fidene, per l’assassino le vittime non erano esseri umani. Quelle quattro donne crivellate di proiettili l’11 dicembre 2022, per lui, erano ben altro.
“Non volevo colpire le singole persone, ma l’istituzione. Sono entrato nel bar e ho visto il tavolo dei banditi“. Così, di fronte al pm Giovanni Musarò, il 58enne ha spiegato il perchè del suo gesto.
Voleva ammazzarli tutti, come ha urlato quel giorno, i proprietari delle case del consorzio ‘Valleverde’. Riuniti in un bar di via Monte Giberto, questi ultimi stavano discutendo sulla gestione delle abitazioni vacanza di Rocca Sinibalda, nel Reatino.
Un’occasione che il killer non si è lasciato sfuggire per mettere a segno il suo progetto delittuoso. Lo ha fatto con la stessa freddezza tenuta anche durante l’interrogatorio. Dove, riporta Il Corriere della Sera, definisce gli omicidi “sgradevoli” e un dettaglio i nomi delle vittime.
STRAGE FIDENE, IL ‘MESSAGGIO’ PER I SUPERSTITI
Non ne conosceva nessuna, ha aggiunto, sapeva solo quello che doveva fare. E che gli sarebbe costato il carcere (“In quello di Trastevere si sta bene“, racconta). Oltre alle ritorsioni: “Da casa ho tolto tutte le cose più importanti della mia vita. Ma non per portarle con me, ma perchè altrimenti sarebbero state vandalizzate“.
Ma ciò non gli impedisce di avvertire i superstiti: “State attenti, che il prossimo verrà con le bombe a mano. C’è tanta gente arrabbiata, ma non intendo dire chi sia“. Contro di lui in aula ci saranno 22 parti civili. Il banco degli imputati lo condividerà invece con il Direttore del Tiro a Segno nazionale e con il responsabile dell’armeria del poligono di Tor di Quinto.
Cronaca
Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.
Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.
Cronaca
Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.
Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.
Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.
Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?
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