Cronaca
Madonna di Trevignano, la veggente Gisella vince al Tar: Ente Parco condannato

La veggente Gisella vince al Tar: Ente Parco condannato
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso dell’associazione Madonna di Trevignano Ets-Onlus e ha condannato l’Ente Parco regionale di Bracciano e Martignano a pagare le spese processuali per un importo di 2mila euro.
La sentenza del 19 dicembre 2023 stabilisce che i pali di legno con la rete metallica non dovranno essere rimossi dal terreno di via Campo Le Rose, che gode di una vista sul Lago di Bracciano e su cui la veggente Gisella Cardia, conosciuta anche come “Gisella”, afferma di ricevere messaggi dalla Madonna e di recitare il rosario insieme ai fedeli. La decisione del Tribunale ha ritenuto che l’annullamento delle autorizzazioni dell’Ente Parco per la recinzione del campo sia avvenuto in tempi e modalità inappropriati.
La vicenda ha origine dal permesso concesso dall’Ente Parco di Bracciano e Martignano nel dicembre 2019 per recintare il terreno di proprietà dell’associazione Madonna di Trevignano Ets-Onlus al fine di piantarvi delle piante. Tuttavia, a aprile 2021, l’Ente Parco ha richiesto la rimozione della recinzione in quanto la veggente Gisella e suo marito Gianni non avevano specificato che il terreno sarebbe stato utilizzato come luogo di preghiera. La sentenza del Tar ha bloccato la disposizione dell’Ente Parco e del Comune, confermando il diritto dell’associazione a mantenere la recinzione in loco.
L’associazione Madonna di Trevignano Ets-Onlus, rappresentata da Gianni Cardia, ha commentato positivamente la sentenza del Tar, sottolineando il supporto ricevuto, anche attraverso il sistema legale, per la conservazione della recinzione. Con questa sentenza, l’Ente Parco di Bracciano e Martignano è stato condannato a pagare le spese processuali e resta da vedere se farà ricorso al Consiglio di Stato.
Cronaca
Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.
Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.
Cronaca
Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.
Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.
Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.
Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?
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