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Atac conferma: ascensori e scale mobili delle Metro pronte per il Giubileo

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Atac conferma: ascensori e scale mobili delle Metro pronte per il Giubileo

Atac, l’azienda di trasporto pubblico di Roma, ha annunciato che per l’inizio del Giubileo il 95% degli impianti di traslazione delle metropolitane sarà funzionante. Al momento, l’85% di questi impianti – inclusi ascensori, scale mobili e servoscale – è attivo, con un altro 5% pronto ad essere riattivato. Tuttavia, questi impianti sono in attesa delle necessarie autorizzazioni da Ansfisa e Regione Lazio.

Attualmente, ci sono impianti fuori servizio in oltre 20 stazioni delle tre linee di Metro a Roma. Questo ha suscitato preoccupazioni e lamentele tra i passeggeri, che richiedono un intervento tempestivo per risolvere il problema. Ad esempio, gli ascensori non funzionano nelle stazioni di Metro B Conca D’Oro, Libia, Annibaliano e in alcune stazioni della Metro A, tra cui Subaugusta, Cinecittà, Ponte Lungo, Re di Roma, Manzoni e Cornelia.

La questione è stata discussa durante una riunione della Commissione Capitolina Mobilità, presieduta dal consigliere Pd Giovanni Zannola. Atac ha assicurato che un programma di lavori sarà presto pubblicato, illustrando le date di riapertura per ciascuna stazione. L’azienda ha promesso che il programma di ripristino degli impianti di traslazione sarà completato entro il 2024. Sebbene la maggior parte dei lavori sia già stata completata, Atac è attualmente in attesa di alcune autorizzazioni per la riattivazione degli impianti.

Paolo Carrillo, direttore operativo di Atac, ha ribadito l’impegno dell’azienda a raggiungere il 90% di funzionalità degli impianti entro il 2024. L’azienda, che gestisce circa 650 impianti tra ascensori, scale mobili e servoscala, ha evidenziato che al momento l’85% degli impianti è funzionante e un altro 5% già revisionato è pronto a rientrare in servizio, in attesa delle necessarie autorizzazioni da Ansfisa e Regione Lazio. Il piano prevede il raggiungimento del 95% di efficienza entro la fine del 2024, in tempo per il Giubileo.

Durante la riunione, si è discusso anche dell’introduzione del nuovo decreto delle Infrastrutture e dei Trasporti, che semplifica le procedure di collaudo delle infrastrutture. Alcuni lavori su impianti specifici sono stati già completati da Atac, che è però in attesa delle necessarie autorizzazioni per la rimessa in servizio.

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.

Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.

Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.

Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.

L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.

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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?

Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.

Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.

Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.

Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?

Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.

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