Attualità
Proposta di legge su fine vita presentata da opposizione unita nel Lazio, destra incerta

I consiglieri regionali del Lazio, Marietta Tidei di Italia Viva e Claudio Marotta di Alleanza Verdi-Sinistra, hanno presentato una proposta di legge riguardante il ‘fine vita’. Questa è stata sottoscritta dai consiglieri del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle. Tuttavia, la destra non ha ancora iniziato la procedura per la discussione del testo.
I consiglieri hanno proposto la legge sul ‘fine vita’ insieme al Tesoriere e alla Segretaria Nazionale dell’Associazione Coscioni, Marco Cappato e Filomena Gallo. Anche se il testo è stato depositato tre mesi fa, il centrodestra non ha ancora avviato la discussione in commissione. Nonostante siano trascorsi novanta giorni dalla presentazione, il provvedimento può ora essere portato direttamente in Consiglio regionale del Lazio per l’approvazione.
L’intenzione dei firmatari è tuttavia quella di continuare a tentare di calendarizzare il dibattito in commissione. In caso contrario, si procederà con la presentazione del testo in aula. La proposta, intitolata “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n.242/19 della Corte costituzionale”, tende a integrare la sentenza stabilendo tempi e modalità certe in cui esercitare questo diritto.
Secondo Tidei e Marotta, il testo tutela sia le persone che richiedono l’accesso al trattamento fine vita che le Aziende Sanitarie Locali e il personale medico chiamati a prendere decisioni su tali questioni. I due consiglieri infatti hanno insistito sulla necessità di programmare la discussione della proposta di legge in Aula quanto prima.
La consigliera regionale del PD, Eleonora Mattia, ha dichiarato che la proposta di legge rappresenta una battaglia di civiltà a favore dei malati, costretti a sofferenze terribili, e delle loro famiglie, così come del personale sanitario che deve applicare le procedure.
L’articolo 1 della proposta di legge presentata da Tidei e Marotta stabilisce che la Regione, nel rispetto delle proprie competenze e dei principi stabiliti dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale, definisce tempi e modalità per l’erogazione dei relativi trattamenti. Sottolinea inoltre che il diritto all’erogazione dei trattamenti disciplinati dalla presente legge è individuale e inviolabile e non può essere limitato, condizionato o assoggettato a altre forme di controllo.
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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