Attualità
Scienziato Soon Park: “Crisi climatica è una truffa, neutralità Co2 rischia economia”

Seok Soon Park, un professore universitario coreano di scienze ambientali, è tra i primi a sostenere che l’allarme sulla crisi climatica lanciato dalle istituzioni sia eccessivo. Secondo i suoi studi, l’inquinamento causato da fattori antropici e attività umane può essere invertito senza necessariamente dover aderire a misure drastiche come raggiungere la neutralità della CO2, come richiesto dalla maggior parte dei paesi industrializzati.
In un’intervista al quotidiano La Verità, Soon Park ha affermato che una “crescita felice” richiederebbe più investimenti. Questa affermazione viene in contrasto con le opinioni di ambientalisti e politici di sinistra che da anni hanno biasimato il capitalismo per i problemi ambientali, accusandolo di aver causato la crisi climatica con l’intento di far risorgere il socialismo. Il professore, inoltre, conferma le parole espresse da Donald Trump nel 2017, affermando che “la crisi climatica è una grande truffa” e il riscaldamento globale non è altro che un inganno politico molto costoso per ottenere potere.
Seok Soon Park, che studia il cambiamento climatico e la correlazione tra l’aumento dell’inquinamento da CO2 e le attività umane, sostiene che “la teoria del riscaldamento globale di origine antropica è una colossale manipolazione”. Critica l’acclamato modello IPCC, il documento ufficiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sostenendo che il racconto fatto da politici e giornalisti sul cambiamento climatico è fortemente alterato. “Studiando la storia climatica della Terra, ho avuto la certezza che non solo non c’è alcuna crisi climatica, ma stiamo vivendo in un’epoca benedetta”, afferma.
Tuttavia, la direzione presa da molti governi, inclusa la Corea del Sud, è quella di raggiungere in breve tempo la neutralità delle emissioni di CO2. Secondo Soon Park, questa mossa “sarà un suicidio economico, non solo non permetterà di ridurre l’inquinamento, ma aumenterà la povertà”. L’opinione del professore pone in discussione l’attuale clima di preoccupazione per il cambiamento climatico e le strategie adottate per combatterlo.
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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