Attualità
Stato di emergenza in Cile per devastanti incendi: 64 morti, mille case distrutte

In Cile, la lotta contro i vasti incendi continua. Il Paese è in ginocchio, con un bilancio di 64 morti e le autorità avvertono che questo numero è destinato ad aumentare. Oltre mille abitazioni sono state distrutte dal fuoco. È stato dichiarato lo stato di emergenza e sono stati proclamati due giorni di lutto nazionale.
Il drammatico bilancio degli incendi in Cile comprende almeno 64 decessi e più di mille case distrutte. Le autorità riferiscono che il numero delle vittime aumenterà nelle prossime ore. Le città lungo la costa sono soffocate dal fumo, costringendo chi vive nelle regioni centrali a lasciare le proprie case. Di fronte a questa devastazione, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, come riporta la Cnn.
Nella conferenza stampa del 4 febbraio, il Presidente Gabriel Boric ha avvertito che “il bilancio delle vittime aumenterà significativamente”. Dopo aver visitato le aree colpite, ha dichiarato che i giorni successivi, lunedì e martedì, sarebbero stati giorni di lutto nazionale. Il Presidente Boric aveva anche annunciato che il ministero della Difesa avrebbe dispiegato più unità militari nelle aree colpite, mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie.
Esistono circa 92 incendi attivi che bruciano in varie parti del paese, interessando circa 43mila ettari di territorio secondo quanto riferito dalla Ministra dell’Interno, Carolina Tohá. Secondo il Ministro delle Finanze Mario Marcel, una stima preliminare dei danni nella regione di Valaparaíso sarebbe di “centinaia di milioni di dollari”.
Gli incendi si stanno sviluppando mentre il paese è colpito da un’ondata di caldo anomalo. Santiago, la capitale del Cile, è stata soffocata da giorni di temperature calde e secche, che hanno superato i 33 gradi. Rodrigo Mundaca, governatore della regione di Valparaiso, ha dichiarato che le autorità manterranno il coprifuoco in diverse città per focalizzarsi sulla lotta agli incendi.
Il sindaco di Quilpué, Valeria Melipillán, ha riferito che gli incendi scoppiati sono probabilmente i più grandi mai visti nella regione con quasi 1.400 case danneggiate. Nonostante gli efficienti sforzi di evacuazione, alcune persone nelle zone colpite hanno rifiutato di abbandonare le proprie case. Papa Francesco tramite un post su social media ha invitato a pregare per i defunti e i feriti.
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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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