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Il turismo che non vogliamo. “Stop ai viaggi organizzati lungo il confine di Gaza​”

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Il turismo che non vogliamo. “Stop ai viaggi organizzati lungo il confine di Gaza​”

Denunciamo con sdegno la promozione, da parte di alcune note agenzie turistiche internazionali, di “tour della realtà” al confine con Gaza, trasformando la tragedia umana della popolazione palestinese in un’attrazione turistica. Siamo di fronte a un’operazione cinica e inaccettabile, che sfrutta la sofferenza e la distruzione provocate da mesi di guerra per offrire “esperienze forti” a pagamento, con pacchetti che promettono scorci di città bombardate e la possibilità di “vedere con i propri occhi il confine con Gaza”.

Il tutto mentre la popolazione palestinese è sottoposta a bombardamenti, assedi, fame e deportazioni. Questa mercificazione del dolore umano è un oltraggio alla memoria delle vittime, una forma moderna di pornografia bellica, che contribuisce a normalizzare l’occupazione, la violenza e la disumanizzazione di un intero popolo.

Mentre la comunità internazionale dovrebbe mobilitarsi per il cessate il fuoco immediato e il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, c’è chi specula sulla guerra come se fosse un set cinematografico. È il riflesso più degradato di un sistema che fa profitto anche sulle macerie. Chiediamo l’immediata rimozione di questi “tour” dai portali di viaggio internazionali e l’apertura di un dibattito pubblico sull’etica del turismo nei contesti di conflitto.

Alcuni siti che promuovono questi viaggi sono tra i più visitati al mondo e contribuiscono a una narrazione tossica, che presenta solo un lato della guerra, legittimando l’occupazione e criminalizzando le vittime. Esprimiamo piena solidarietà al popolo palestinese e continueremo a battersi, in Italia e in Europa, contro il genocidio in corso a Gaza e contro ogni tentativo di strumentalizzarne il dramma. La guerra non è uno spettacolo. La morte non è un souvenir. Il turismo dell’orrore è complicità con il genocidio!”. Lo dichiara Giovanni Barbera della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista.

Roma e dintorni

Dove c’è talento non esistono barriere.

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Dove c’è talento non esistono barriere.

Domani al Teatro Olimpico di Roma andrà in scena lo spettacolo ‘La Tempesta’, liberamente tratto dall’omonima opera di William Shakesperare. Una storia che ci insegna che, se è vero che le arti possono aiutare a condurre le persone sulla soglia della pace, per varcarla serve l’unica vera magia, più potente di tutte le altre, quella del cuore.

“L’arte è un linguaggio universale, che abbatte le barriere fisiche e mentali, spalancando le porte dell’espressione creativa. Per le persone con disabilità l’impegno nell’ambito artistico può diventare un’opportunità straordinaria per superare le sfide che la disabilità presenta loro ogni giorno, andando oltre i propri limiti e comunicando con gli altri in modo significativo”. E’ l’obiettivo che da quasi vent’anni porta avanti L’Arte nel cuore, il primo progetto europeo di formazione artistica inclusiva che lavora sull’integrazione per sviluppare il talento artistico in un ambiente integrato. L’impostazione è quella dell’Accademia di spettacolo, con lezioni di danza, recitazione, doppiaggio, musica e canto, per offrire una struttura pensata e progettata per l’inclusione con la i maiuscola.

“Anche i ragazzi con disabilità, se formati adeguatamente, possono lavorare – spiega Daniela Alleruzzo, presidente dell’accademia – Lo testimoniano molti dei nostri allievi: Emanuela Annini, attrice con la sindrome di Down, ha partecipato a film, fiction e lavorato come doppiatrice; Tiziano Donnici e Alessandro Tiberi hanno lavorato entrambi come doppiatori del lungometraggio ‘Champions’. Perché dove c’è talento non esistono barriere. Nella nostra accademia gli alunni lavorano insieme, nella stessa classe, senza fare alcun tipo di distinzione. Proprio grazie a questa condivisione anche i ragazzi cosiddetti ‘meritevoli’ hanno superato le loro difficoltà, vincendo la timidezza e aumentando la loro autostima, prendendo proprio come guida la forza e la volontà dei ragazzi con disabilità”.

“Ogni persona, con o senza disabilità, ha una modalità naturale di espressione – sottolinea Marinella Cozzolino, psicoterapeuta e sessuologa clinica – Abbiamo 5 sensi, ma ognuno tende a preferirne o svilupparne uno in particolare. Alcuni notano le sfumature visive, altri sviluppano un tatto molto raffinato ben sopra la media. Chi non vede spesso sviluppa un udito e una percezione straordinaria. C’è chi ha un gusto sopraffino, come gli assaggiatori, o chi possiede un olfatto così sviluppato da riuscire a creare fragranze complesse. A seconda degli stimoli e delle esperienze che viviamo, possiamo sviluppare capacità differenti. Lo dice il nome stesso, ‘L’Arte nel cuore’, e nel cuore siamo uguali tutti. Abbiamo tutte le potenzialità, ma ognuno le sviluppa in base al contesto, all’ambiente, alle esperienze. Chi nasce in montagna molto probabilmente impara a sciare, chi cresce al mare di solito sa nuotare”.

“Non ho voluto creare un’isola felice: L’Arte nel cuore non è dedicata solo a ragazzi con disabilità, ma è aperta anche ai ragazzi senza disabilità, perché soltanto quando si condivide un sogno, un progetto, si possono abbattere le barriere mentali e culturali – continua Alleruzzo – L’arte, in ogni sua forma, è uno strumento di inclusione, una forma di terapia naturale. Il teatro, ad esempio, aiuta non solo le persone con disabilità, ma anche quelle senza disabilità che magari hanno difficoltà a relazionarsi, ad aprirsi. Permette loro di sviluppare nuove abilità, di liberare l’immaginazione e la fiducia in se stessi. L’arte diventa uno strumento di forza. Non vediamoli come un peso, ma come una risorsa per la società”.

“Qualsiasi difficoltà fisica può diventare l’occasione per potenziare un’altra capacità. Ma questo vale per tutti: anche le persone senza disabilità hanno tante potenzialità che spesso non sviluppano, o non hanno modo di esprimere. E’ su queste differenze che dobbiamo riflettere. Quando ci relazioniamo con gli altri, spesso superiamo le loro difficoltà e vediamo tutto il resto. Questo ci allena ad adattarci, ad ascoltare, a costruire relazioni autentiche. E’ un arricchimento reciproco, un apprendimento continuo. Osservare come l’altro supera i suoi ostacoli ci insegna qualcosa: se io ho paura del buio e Giulia vive nel buio e ama la vita lo stesso, allora posso imparare da lei”, conclude Cozzolino.

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Roma e dintorni

il racconto di una mamma in Russia

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il racconto di una mamma in Russia

La donna contattata da ‘Chi l’ha visto?’: era andata a studiare inglese a Malta, dove ha conosciuto Rexal Ford. Il nome della bambina è Andromeda, anche se successivamente è stata chiamata Lucia

E’ mia figlia Anastasia”. Tramite una telespettatrice, ‘Chi l’ha visto?’ è riuscito a contattare una donna in Russia che dice di essere la madre della giovane trovata morta a Villa Pamphili a Roma.

Secondo quanto appreso dalla trasmissione in onda su Rai 3 la giovane era andata a studiare inglese a Malta, dove ha conosciuto Rexal Ford. La mamma l’ha sentita l’ultima volta in videochiamata il 27 maggio. C’era anche l’uomo, che le assicurava di essere una brava persona e di voler mettere su famiglia. Poi una mail del 2 giugno, nella quale la ragazza diceva di avere dei problemi con il suo compagno ma che stavano cercando di risolverli. Il nome della bambina è Andromeda, anche se successivamente è stata chiamata Lucia.

“Dov’è ora quest’uomo?”, ha chiesto la mamma a ‘Chi l’ha visto?’ visibilmente scossa. Alla donna erano arrivate le foto di lui con la bimba in braccio. Le ha mostrate al programma e ha anche fornito un dettaglio della figlia: il piede con il tatuaggio che, osserva la trasmissione sui social, corrisponde esattamente a quello mostrato dalla polizia.

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