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Genitori immaturi crescono figli fragili: la crisi dell’età adulta

Roma è la città italiana con il più alto numero di ricorsi al TAR contro le bocciature scolastiche, un dato che racconta molto più di un semplice conflitto tra famiglie e scuola: svela una frattura profonda, culturale ed educativa.

A dirlo è Narciso Mostarda, neuropsichiatra infantile, già direttore del San Camillo e attuale direttore generale del 118, intervistato da Il Messaggero.

Secondo il medico, il problema non sono i ragazzi: «Il patto educativo tra le generazioni è fallito. Gli adolescenti di oggi hanno a che fare con figure che non sono in grado di gestire i processi relazionali in maniera responsabile», afferma. Il dito va puntato altrove: verso genitori che, pur amando i propri figli, non sono più in grado di educarli. «Quelli che si possono definire adultescenti», aggiunge.

Nel suo libro “La società adolescente. Padri e figli al tempo dell’identità smarrita” , Mostarda descrive una generazione adulta rimasta ancorata alla propria adolescenza, incapace di tracciare confini, dire dei no, sostenere con fermezza una decisione difficile ma giusta, e intanto, cresce il numero di studenti promossi per via giudiziaria, nonostante gravi insufficienze.

È il segnale che qualcosa si è rotto, la scuola non è più un’alleata, ma una controparte: l’insegnante, un tempo figura autorevole, oggi viene messo sotto processo per ogni voto negativo e per ogni valutazione non conforme alle aspettative dei genitori.

Eppure, nel cuore di tutto questo, c’è un paradosso: è bello quando un figlio si fida dei suoi genitori, quando li cerca come rifugio, quando li ascolta, quando crede nelle loro parole. Ma la fiducia, come ogni dono, richiede equilibrio.

Un figlio che si fida senza misura può smarrirsi, e un genitore che non accetta i limiti del proprio ruolo può trasformare l’amore in un ostacolo alla crescita. Crescere significa anche sperimentare la delusione, il fallimento, la frustrazione e ogni volta, rialzarsi un po’ più forti.

«Parliamo di uomini e donne rimasti adolescenti, che a loro volta non aiutano i figli a diventare maturi», prosegue Mostarda. «Anzi, si continua a scaricare sui giovani le responsabilità di errori commessi dalle generazioni precedenti».

L’adulto che non riesce a essere guida diventa complice, ma non nel senso buono del termine: è colui che cerca di risolvere ogni difficoltà al posto del figlio, togliendogli il diritto e il dovere di imparare dai propri sbagli.

Oggi educare significa sapere quando restare e quando fare un passo indietro, quando offrire la mano e quando lasciare che il cammino si faccia da soli. Un figlio che si fida è un dono, ma un genitore che sa farsi da parte al momento giusto, lo è ancora di più.

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