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LUCA SACCHI Virginia Raggi tuona: “Provo rabbia e vergogna”

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LUCA SACCHI Virginia Raggi tuona: “Provo rabbia e vergogna”

LUCA SACCHI Virginia Raggi tuona sulla questione inerente all’omicidio del giovane 24enne per uno zainetto rubato alla ragazza

LUCA SACCHI Virginia Raggi tuona: “Rabbia, rabbia e vergogna. La morte di un ragazzo di 24 anni ucciso da due criminali non è accettabile, è ingiusta, è straziante e dilaniante. Sono certa che tutti abbiamo pensato immediatamente alla famiglia di questo ragazzo, ad una madre ed un padre che hanno accompagnato la sua esistenza, al fratello che era a pochi metri di distanza mentre gli sparavano; tutti abbiamo pensato alla fidanzata che lo ha visto morire al suo fianco. Tutti, pur non conoscendolo e non sapendo in quale contesto sia nato quel gesto atroce, avremmo voluto esprimere affetto perché la morte di un giovane è sempre e comunque ingiusta”.

“E’ questa la rabbia: la rabbia che nasce dalla naturale e umana condivisione del dolore e dalla impossibilità di tornare indietro. Era una vita giovane. La vergogna, invece, è vedere che si specula su una morte. La vergogna è anche quella di doversi trovare costretti a rispondere e scrivere queste righe per dire che Roma non è il far west e i cittadini romani non sono dei banditi. Le Istituzioni – tutte e senza distinzioni di colore politico – si sono impegnate per rendere Roma più sicura. La polizia, i carabinieri, i vigili urbani, la procura ce la stanno mettendo tutta da anni. E a loro va detto grazie perché con il loro lavoro si registrano miglioramenti nei dati sulla lotta alla criminalità a Roma. Mettiamo da parte ogni polemica, uniamoci di fronte alla morte di un giovane. Lasciamo lavorare gli inquirenti. E’ il momento del silenzio e della riflessione”.

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Allarme Arbovirus, da Dengue a West Nile il caldo aumenta rischio epidemie in Italia

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Allarme Arbovirus, da Dengue a West Nile il caldo aumenta rischio epidemie in Italia

L’arrivo delle alte temperature “è il preludio alla diffusione delle zanzare le cui punture, al di là del semplice fastidio pruriginoso, rischiano di trasmettere delle infezioni, le cosiddette arbovirosi, come ad esempio Chikungunya, Dengue, Zika, West Nile, infezioni neuro-invasive da virus Toscana. Conoscerle è fondamentale per una pronta diagnosi che può essere decisiva per la cura. Ma allo stesso tempo è importante conoscere e diffondere le buone pratiche per prevenire la proliferazione delle zanzare e le loro punture”. Con queste finalità, l’Istituto nazionale per le malattie infettive ‘Lazzaro Spallanzani’ Irccs di Roma ha organizzato il corso di formazione ‘Arbovirus: patogeni d’importazione con rischio di circolazione autoctona”.

La minaccia

“Gli arbovirus – spiegano Francesca Colavita, Alessandra D’Abramo e Martina Spaziante, responsabili scientifiche del corso – rappresentano ormai una minaccia per la salute pubblica che interessa sempre più spesso anche aree non endemiche, come dimostrano le recenti epidemie di Dengue verificatisi in Italia con circolazione autoctona. Inoltre, l’evento giubilare in corso rappresenta un ulteriore fattore di rischio di diffusione di questo tipo di infezioni, infatti la presenza di viaggiatori provenienti da aree tropicali potrebbe determinare un aumento delle diagnosi di malattie endemiche in quei Paesi. Ne consegue che l’impatto sul Ssn e Ssr è destinato a crescere nell’imminente futuro“. Pertanto, sottolineano, “è essenziale una specifica formazione in modo da fornire strumenti, aggiornamenti scientifici e informazioni utili per l’identificazione dei casi, la gestione clinica e di sanità pubblica”.

“Il corso – proseguono Colavita, D’Abramo e Spaziante – aveva come obiettivo quello di rendere i medici in grado di riconoscere tempestivamente i sintomi di arbovirosi, di fornire un counselling e un’assistenza medica adeguata ai pazienti, e di segnalare correttamente i casi per permettere di implementare le opportune misure di sanità pubblica; fornire agli operatori di laboratorio le competenze per una corretta diagnostica; rendere gli operatori del Dipartimento di Prevenzione delle Asl e degli Istituti zooprofilattici consapevoli dell’epidemiologia e del rischio delle arbovirosi e in grado di dare indicazioni circa gli opportuni interventi preventivi, la sorveglianza epidemiologica, i monitoraggi entomologici, la comunicazione del rischio e le valutazioni degli interventi di controllo, tenendo conto della pluralità di soggetti interessati”.

Oltre a numerosi professionisti dello Spallanzani, all’evento sono intervenuti gli esperti dell’Istituto superiore di sanità, del ministero della Salute, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana, del Centro di riferimento regionale Izslt per l’Entomologia sanitaria della Regione Lazio (Crres), del Centro regionale sangue, dell’Asl Roma 5, del Bambino Gesù di Roma, del Policlinico Sant’ Orsola – Ausl Bologna, della Fondazione Bruno Kessler. E ancora, gli esperti internazionali Pablo Bonvehì del Cemic di Buenos Aires e Hugh Watson del Clinical Research Consultant di Lione.

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Cancro polmone, il ruolo dei linfociti B nella risposta positiva alle cure: lo studio

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Cancro polmone, il ruolo dei linfociti B nella risposta positiva alle cure: lo studio

Un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena (Ire) di Roma ha individuato un possibile meccanismo che spiega perché, in alcuni casi, il tumore del polmone risponde completamente alla chemio-immunoterapia prima dell’intervento chirurgico. Al centro di questa scoperta ci sono i linfociti B, cellule del sistema immunitario che, quando ben organizzate all’interno del tumore, possono attivare una potente risposta difensiva. I risultati dello studio, realizzato con il supporto di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati sul ‘Journal for ImmunoTherapy of Cancer’.

Il lavoro – spiega una nota degli Istituti fisioterapici ospitalieri (Ifo) – nasce dalla collaborazione tra l’Unità di Immunologia e immunoterapia dei tumori, la Chirurgia toracica e l’Oncologia medica 2, e descrive il caso clinico di una paziente con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) e metastasi cerebrale sincrona. La paziente ha ottenuto una risposta completa e una lunga sopravvivenza libera da malattia dopo un trattamento neoadiuvante combinato, seguito da chirurgia e mantenimento immunoterapico. Lo studio identifica nei linfociti B e in specifiche strutture immunitarie presenti nel tumore dopo il trattamento un possibile indicatore chiave della risposta positiva alle terapie. Una scoperta che apre nuove strade per cure sempre più mirate nel campo dell’oncologia di precisione.

In Italia il tumore al polmone è la seconda neoplasia più frequente negli uomini e la terza nelle donne. Ogni anno si registrano oltre 40mila nuove diagnosi. Dal punto di vista clinico, si distinguono due tipi principali di tumore del polmone: il tumore polmonare a piccole cellule rappresenta il 10-15% dei casi; quello non a piccole cellule costituisce circa l’85% delle diagnosi. Lo studio dell’Ire si concentra proprio su quest’ultima forma e in particolare sulla terapia neoadiuvante, una strategia che prevede la somministrazione di trattamenti sistemici, come chemio e immunoterapia, prima dell’intervento chirurgico. L’obiettivo è ridurre la massa tumorale, eliminare le micrometastasi e stimolare una risposta immunitaria duratura. Nel tumore del polmone non a piccole cellule in fase iniziale, ma localmente avanzato, la terapia neoadiuvante con immunoterapia ha recentemente mostrato risultati promettenti, ma i meccanismi alla base della risposta efficace non erano ancora del tutto chiari.

L’uso di tecnologie di nuova generazione sta rivoluzionando la ricerca sul cancro, evidenzia l’Ire. Tecniche come la trascrittomica spaziale e l’analisi a singola cellula consentono di osservare come le cellule tumorali e le cellule immunitarie si distribuiscono all’interno del tumore e di comprendere come interagiscono dopo la terapia neoadiuvante.

“Dopo il trattamento neoadiuvante – riferisce Paola Nisticò, responsabile dell’Unità Immunologia e immunoterapia dei tumori del Regina Elena – abbiamo analizzato il tessuto tumorale con strumenti di altissima precisione ed è stata osservata una forte presenza di linfociti B e di strutture linfoidi terziarie nel tessuto polmonare residuo. Tali strutture possiamo descriverle come vere e proprie fabbriche di risposta immunitaria all’interno del tumore, e sembra abbiano un ruolo centrale nel generare una risposta efficace e duratura, suggerendo un potenziale nuovo biomarcatore predittivo di efficacia terapeutica”. Lo studio, precisa Nicla Porciello, ricercatrice Ire, ” dimostra, per la prima volta, come l’organizzazione locale dei linfociti B nel tumore possa contribuire alla produzione di anticorpi e alla memoria immunologica, aprendo nuove prospettive nell’ambito dell’oncologia di precisione”.

“All’Istituto Regina Elena – conclude Giovanni Blandino, direttore scientifico f.f. – il lavoro di un team multidisciplinare integrato e l’accesso a tecnologie diagnostiche avanzate rappresentano elementi fondamentali per affrontare il tumore del polmone con approcci sempre più efficaci. La stretta collaborazione tra immunologi, oncologi, chirurghi e patologi consente di tradurre rapidamente i risultati della ricerca in percorsi di cura innovativi per i pazienti”.  

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