28 Marzo 2024

ROMA E DINTORNI

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Profughi e Covid, botta e risposta Sileri Bassetti sulla vaccinazione

Profughi e Covid, il problema c’è anche se si vorrebbe non vederlo. Il susseguirsi di notizie provenienti dal fronte della guerra aveva fatto decisamente calare l’attenzione sulla pandemia. Ma ora l’arrivo anche del nostro paese di migliaia di persone in fuga dall’orrore l’ha improvvisamente ridestata. Quanti di questi profughi sono effettivamente vaccinati? C’è il rischio che possano portare ad una recrudescenza dell’infezione, ancora presente anche se in calo? Domande che in queste ore si stanno facendo in molti, in trepidante attesa di una risposta da parte del solo mondo in grado di darla: quello della scienza.

PROFUGHI E COVID, QUANTI VACCINATI?

Sul primo quesito si è soffermata la fondazione Gimbe, secondo cui ben il 64% di chi lascia l’Ucraina non sarebbe immunizzato. “Un dato che non va sottovalutato – sottolinea l’ente – vista la drammaticità della situazione“. Parole nette, sufficienti per far scattare il dibattito: chi viene accolto in Italia deve essere sottoposto o no alla vaccinazione? Un dilemma sulla cui soluzione, purtroppo, non si registra concordia tra gli esperti.

PROFUGHI E COVID, PARLA SILERI

C’è infatti chi, come il Sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, ritiene che la questione Covid vada accantonata in favore dello spirito umanitario. “Se sei rifugiato puoi accedere alla nostra sanità. – le parole a ‘Un giorno da pecora’ – Nessuna procedura sarà oltrepassata, nemmeno il tampone a chi arriva. Al quale verrà inoltre offerta la possibilità di vaccinarsi“. “Ma – chiarisce subito dopo – i rifugiati non sono obbligati ad avere il Super Green Pass. Se ciò può portare ad un aumento dei casi? L’aumento può avvenire dovunque ci sia un assembramento. Ma questa al momento mi sembra la preoccupazione minore“.

PROFUGHI E COVID, RISPONDE BASSETTI

Più preoccupato invece l’infettivologo Matteo Bassetti, che vede concreto il pericolo di una nuova ondata con una nuova variante. “Ci sono tutte le condizioni – spiega all’Adnkronos – Dall’alta circolazione del Covid alla scarsa copertura vaccinale, al disagio nelle condizioni socio-economiche e alla scarsa attenzione alle misure di protezione. Senza contare che il clima invernale porta maggiormente ad assembrarsi in luoghi chiusi“.

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