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Malattie sul Lavoro: in Italia 761 morti in un anno, il dato è allarmante

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Malattie sul Lavoro: in Italia 761 morti in un anno, il dato è allarmante

Malattie sul Lavoro : Inail ha recentemente pubblicato i dati relativi ai primi nove mesi del 2023, rivelando cifre allarmanti sull’andamento della sicurezza sul lavoro in Italia. Le denunce all’Istituto fino a settembre sono state 430.829, con 761 casi mortali. Un dato particolarmente preoccupante è l’incremento del 21,9% nelle patologie di origine professionale, che ha raggiunto le 53.555 denunce rispetto allo stesso periodo del 2022.

In risposta a questa emergenza, Rete Iside ed USB hanno da tempo portato avanti una campagna per introdurre una legge che consideri omicidio e lesioni gravi e gravissime sul lavoro come reati. Questo sarebbe un deterrente per coloro che trascurano le misure di sicurezza, mettendo a rischio la vita dei lavoratori. Questa campagna è ora diventata una legge di iniziativa popolare, aperta alla firma presso banchetti e online tramite il sito leggeomicidiosullavoro.it.

Le denunce di malattie professionali hanno mostrato un aumento significativo, con quasi diecimila casi in più rispetto al 2022. Le categorie più colpite sono l’apparato muscolo-scheletrico, il tessuto connettivo, il sistema nervoso e l’udito. Spesso, queste malattie derivano dalla mancata applicazione delle norme di sicurezza, come l’assenza di dispositivi adeguati o l’esecuzione manuale di attività che potrebbero essere automatizzate.

Malattie sul Lavoro: Le denunce di infortunio sono in calo del 19,6% rispetto al 2022 ma rimangono superiori ai livelli precedenti alla pandemia. Questo aumento degli infortuni dell’anno precedente è attribuibile a una ripresa post-pandemica che ha messo a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori.

I casi mortali registrati nei primi nove mesi del 2023 ammontano a 761, con una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Tuttavia, è preoccupante il fatto che le morti sul luogo di lavoro siano in aumento, passando da 574 a 593, sottolineando la necessità di ulteriori misure per garantire la sicurezza dei lavoratori in Italia.

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Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?

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Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?
Sta facendo discutere la scelta di affidare all’attrice britannica Cynthia Erivo – donna, nera e apertamente omosessuale – il ruolo di Gesù nel celebre musical Jesus Christ Superstar. Una decisione che viene vista da alcuni come un atto di coraggio e inclusività, ma per altri rappresenta un ulteriore passo verso lo svuotamento dei simboli identitari in nome di una visione ideologica.

Non si tratta, come spesso viene sostenuto in questi casi, di razzismo o omofobia. Il talento di Erivo è fuori discussione, così come il diritto del teatro di sperimentare linguaggi nuovi. Tuttavia, è lecito porsi una domanda: perché modificare radicalmente l’identità di una figura simbolica universale come Gesù Cristo?La figura di Gesù – maschile, ebraica, storicamente e religiosamente connotata – ha attraversato i secoli mantenendo un valore spirituale e culturale ben preciso; cambiarne l’aspetto, il genere e il profilo identitario non è un dettaglio creativo, ma un atto profondamente ideologico, un segnale del nostro tempo, in cui ogni rappresentazione tradizionale viene riscritta per adattarsi a criteri di inclusione sempre più rigidi e imposti.

L’inclusività è un valore importante, ma quando diventa un obbligo culturale che trasforma ogni simbolo in qualcosa di instabile e privo di radici, rischia di ottenere l’effetto opposto: non più unire, ma confondere.

Quando tutto può essere tutto, allora nulla ha più significato, e in questo caso non si rompe un tabù per cercare nuove verità, ma si sostituisce un simbolo per riscrivere ciò che rappresenta.

E il pubblico ha il diritto di chiedersi dove finisce l’arte e dove comincia l’ideologia.

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.

Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.

Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.

Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.

L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.

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