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Condanna per Violenza Sessuale su Tirocinante a Roma

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Condanna per Violenza Sessuale su Tirocinante a Roma

Sentenza del Tribunale di Roma: Infermiere Condannato a 6 Anni

Un infermiere del Policlinico Umberto I di Roma è stato condannato a sei anni di reclusione per violenza sessuale e lesioni. L’uomo, un 55enne, ha approfittato della sua posizione per abusare sessualmente di una giovane tirocinante nel reparto di Urologia. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Roma, che ha anche previsto per l’imputato l’interdizione perpetua dalla funzione di tutore, l’interdizione dai pubblici uffici e la sospensione dalla professione di infermiere per tre anni. Inoltre, l’uomo dovrà versare una provvisionale di 10 mila euro alla vittima.

Dettagli dell’Accaduto

Il crimine è avvenuto la notte del 26 ottobre 2022. Maria Cristina, una giovane aspirante infermiera, stava effettuando il turno di guardia sotto la supervisione dell’infermiere condannato nel reparto di Urologia del Policlinico Umberto I. Durante il turno, l’infermiere ha costretto la tirocinante a entrare in una stanza buia e a chiudere la porta a chiave, abusando di lei sessualmente con violenza. La vittima ha confermato di non aver prestato alcun consenso all’atto.

Impatto Psicologico sulla Vittima

La vittima, all’epoca dei fatti ventenne, ha subito un grave trauma psicologico a seguito dell’abuso. La giovane ha testimoniato di essere rimasta pietrificata e in preda a una siderazione psichica durante l’aggressione. I liquidi seminali trovati sulle lenzuola e sugli abiti della vittima e dell’infermiere hanno confermato la versione dei fatti della giovane. La difesa della vittima ha evidenziato la necessità di una sentenza che impedisca all’infermiere di commettere ulteriori crimini in futuro.

Per ulteriori approfondimenti, visitare [Il Messaggero](https://www.ilmessaggero.it/roma/centro_storico/infermiere_violenza_sessuale_umberto_i_tirocinante_processo_condanna-7832971.html).

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

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Esplosione a Roma, installati sensori per rilevare residui di gas

Resta alta l’attenzione a Roma dopo la violenta esplosione avvenuta ieri mattina intorno alle 8 in via dei Gordiani, zona Prenestino. Un distributore di GPL è saltato in aria causando oltre 40 feriti, tra cui due in condizioni gravi, ora ricoverati all’ospedale Sant’Eugenio. Sul posto sono intervenuti immediatamente i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e i soccorritori, alcuni dei quali sono rimasti coinvolti nella deflagrazione.

L’Arpa e il Noe hanno installato dispositivi per monitorare la qualità dell’aria, temendo la presenza di gas residui. La Protezione Civile ha consigliato ai residenti di non uscire, tenere chiuse le finestre e spegnere i condizionatori. La Procura ha aperto un’indagine per disastro colposo: le prime ipotesi parlano di un guasto ad un impianto GPL.

Il tempestivo intervento dei gestori di un centro estivo vicino ha evitato una possibile tragedia: i bambini presenti sono stati evacuati poco prima dell’esplosione. La zona resta isolata, con ingenti danni anche a strutture vicine, come la polisportiva Villa De Sanctis. Le autorità stanno proseguendo le indagini e i controlli ambientali.

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.

L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.

Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?

A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.

I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.

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