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Cronaca

Roma Parade, La sfilata con oltre 2mila artisti. Il programma completo. Video

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Roma Parade, La sfilata con oltre 2mila artisti. Il programma completo. Video

Cosa vedere a Capodanno a Roma. Ecco la Roma Parade.

Come sempre Roma offre tanti eventi in programma nei giorni di Capodanno. Il 1 gennaio dalle ore 15:30 in centro città ci sarà la Roma Parade. 2000 artisti che sfileranno per le vie del centro storico di Roma fra musica, ballerini e majorette.

La Roma Parade

La Rome Parade, presenta trenta formazioni che sfileranno in una varietà di straordinari numeri coreografici in un nuovo percorso che oltre a toccare le principali arterie del Tridente romano si allungherà fino al parco di Villa Borghese. Il meteo a Roma non dovrebbe dare problemi e di seguito vengono elencati tutte le organizzazioni presenti alla kermesse.

Tutte le bande e le majorettes provenienti dall’America

Da San Angelo, in Texas, arriva la Angelo State University Ram Band; da San Francisco, California l’Archbishop Riordan High School Crusader Marching Band; dalla Virginia i Charlottesville High School Marching Knights; da Sparks, in Nevada, la Edward C. Reed High School Raider Band; da Overland Park, nel Kansas, la Howlin’ Husky Marching Band, dalla zona settentrionale di Chicago i Libertyville High School Marching Wildcats.

Da New York arriveranno i The Saints Brigade Drum and Bugle Corps; mentre da Dallas gli Spirit of America Dancers; dalla Florida Centrale la Seminole High School – Pride of the Tribe Marching Band dalla comunità femminile sparsa nel mondo la Red Hat Society; dalla California del Sud The Spirit of Great Oak Marching Band & Guard.

Dopo due anni di stop per la pandemia, già lo scorso anno la Roma Parade ha avuto un successo enorme e quest’anno verrano da Birmingham, in Alabama, la Vestavia Hills Rebel Marching Band; dalla contea di Palm Beach, in Florida, la West Boca Raton Community High School “Vanguard” Marching Band; da College Park, in Georgia, la Robert W. Woodruff Marching Band.

Le associazioni italiane che parteciperanno alla Roma Parade

Dall’Italia invece partecipano alcune formazioni dalle diverse particolarità: gli Artefatti Stilts di Myriam Abutori, le Associazioni Di Rievocazione Storica Riunite coordinate dall’A.R.S. Avxilia Legionis APS, la Banda Musicale di Fiano Romano, la Banda Musicale Giacomo Puccini di Cave, il Gruppo Storico e Sbandieratori Città di Castiglion Fiorentino e l’immancabile Gruppo Folk ‘La Frustica’ di Faleria.

Confermate anche alcune tra le più rinomate formazioni di Majorettes: da Selci e da Casperia, in provincia di Rieti, rispettivamente le Golden Stars Sabine e le Majorettes di Casperia; dalla Croazia le Majorette di Vukovar.

Ad incorniciare questo lungo corteo artistico saranno i modelli più caratteristici delle compagnie Vespa Side Car Tours e 38 Incoming APE Piaggio: infine i Megaflatable Balloons, mega palloni artistici gonfiabili che, oltre ai tradizionali Rome Parade, Senator e Centurion, presenteranno al pubblico quest’anno due nuovi personaggi: la majorette Marie e il vigile Trevor the Triangle.

Lo spettacolo, ad ingresso libero a tutti, sarà condotto da Stefano Raucci e Francesca Ceci e l’intera parata sarà trasmessa via streaming sul canale YouTube della manifestazione e sul sito ufficiale www.romeparade.com.

Attualità

Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

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Roma, giovane cuoco ucciso al parco: si indaga su una tentata rapina, ma il portafoglio era intatto

Tragedia alla Montagnola, nella periferia sud della Capitale: Mamun Miah, 27 anni, cittadino del Bangladesh e cuoco in un ristorante di piazza Venezia, è stato trovato senza vita al parco della Solidarietà, nei pressi del civico 393 di via Cristoforo Colombo. Il giovane è stato colpito al torace da una coltellata che non gli ha lasciato scampo, l’aggressore è fuggito ed è tuttora ricercato.

L’ipotesi investigativa principale resta quella della rapina finita male. Secondo alcuni amici della vittima, connazionali che spesso trascorrevano con lui le serate nel parco dopo il lavoro, Mamun avrebbe reagito a un tentativo di furto ed è stato accoltellato. I testimoni, pur trovandosi a una certa distanza al momento dell’attacco, raccontano di averlo visto discutere animatamente con un uomo nei pressi di un centro sportivo, non lontano dalla sua abitazione in via dell’Arcadia.

Ma il dettaglio che lascia perplessi è che nella tasca dei pantaloni del giovane è stato rinvenuto il portafoglio, completo di denaro e documenti. Un elemento che complica la lettura del movente: perché uccidere per rapinare, se poi l’aggressore fugge a mani vuote?

A destare ulteriori sospetti è l’identikit tracciato dagli amici di Mamun, che indicano come possibile responsabile un senzatetto della zona, noto per aggirarsi nei pressi del parco. Al momento, però, l’uomo non è stato rintracciato.

I carabinieri della compagnia Eur, insieme ai colleghi della stazione di San Sebastiano, stanno conducendo le indagini e sono già state acquisite le immagini delle videocamere di sorveglianza presenti nell’area per cercare di identificare chi fosse nei paraggi al momento del delitto. Sarà anche l’autopsia a fornire risposte decisive, chiarendo l’esatta dinamica dell’aggressione e se la vittima abbia tentato di difendersi.

Mamun Miah viveva da solo e lavorava duramente per mantenersi. I familiari, rimasti in Bangladesh, sono stati avvisati della tragedia. Nel frattempo, la comunità bengalese di Roma è sotto shock e chiede giustizia per un giovane la cui unica colpa sembra essere stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un omicidio così brutale, in un contesto apparentemente tranquillo, riaccende i riflettori sulla sicurezza nelle aree periferiche della città: luoghi spesso dimenticati, dove la presenza delle forze dell’ordine non è costante e il degrado sociale favorisce l’emergere di situazioni pericolose. La morte di Mamun Miah non può restare solo una notizia di cronaca: deve spingere a riflettere su come tutelare davvero chi lavora onestamente e cerca solo una vita dignitosa.

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Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

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Quando la fede diventa spettacolo: il caso del nuovo imam di Bologna

La figura dell’imam, tradizionalmente, ha un ruolo fondamentale: guida spirituale, punto di riferimento religioso e promotore di dialogo e di pace nella comunità. Ma cosa accade quando la predicazione si trasforma in spettacolo social, e le invocazioni in contenuti virali su TikTok?

È quanto sembra emergere dal caso del nuovo imam di Bologna, subentrato dopo che lo storico imam Zulfiqar Khan è rimasto bloccato in Pakistan per motivi di sicurezza nazionale. Il nuovo arrivato, giovane e popolare, ha portato con sé un linguaggio decisamente più acceso, una comunicazione più aggressiva e una presenza social sempre più invadente.

Le dichiarazioni dell’imam, come quando critica i musulmani che si scambiano gli auguri di Natale, definendo questo gesto inaccettabile perché “a Natale è nato il figlio di Dio, e dire che Allah abbia un figlio è un insulto”, oppure quando afferma che donne e uomini non dovrebbero parlarsi liberamente, non sono semplicemente controverse: sono l’espressione di una visione chiusa e rigida, profondamente in contrasto con i principi di libertà e convivenza che costituiscono le fondamenta della nostra società democratica

Non è questo l’Islam che conosciamo attraverso tante persone musulmane che vivono e lavorano pacificamente in Italia, che credono in una fede fatta di rispetto, carità, umiltà e fratellanza. Non è questo l’Islam che, anche nelle sue interpretazioni più conservatrici, invita al confronto con il mondo e non alla sua demonizzazione.

Ma è proprio qui il punto dolente: il confine tra religione e ideologia, tra fede e potere, tra guida spirituale e influencer radicale. La religione, qualunque essa sia, non può essere usata per intimidire, per imporre un modello di comportamento che nega libertà individuali, specialmente alle donne.

La preoccupazione sollevata da alcune voci politiche non può essere liquidata come semplice allarmismo: siamo di fronte a una forma di radicalizzazione che si traveste da predicazione, ma che nei fatti mina le basi della convivenza civile. Quando un imam, per di più giovane e popolare sui social, usa il pulpito per attaccare, giudicare e dividere, non sta diffondendo fede: sta alimentando una cultura del sospetto, della chiusura e del controllo.

La cosa più pericolosa è che tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti, in video che raggiungono migliaia di visualizzazioni e parlano a un pubblico spesso giovane, in cerca di riferimenti e identità.

Continuare a ignorare questi segnali significa lasciare spazio all’estremismo, legittimarlo con il silenzio e permettere che cresca anche dove si dovrebbe invece coltivare il dialogo.

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