Mondo
Gaza spari sulla folla affamata. 112 palestinesi uccisi mentre prendevano gli aiuti umanitari. VERGOGNA!

Una nuova strage si è verificata a Gaza nel 145° giorno di guerra, ma le versioni di Hamas e Israele sono diverse. Hamas ha denunciato che 112 palestinesi sono stati uccisi e altri 760 feriti nel nord della Striscia, affermando che l’esercito israeliano ha sparato contro di loro mentre erano in fila per ricevere aiuti umanitari. L’Idf ha respinto quest’accusa, affermando che ci sono stati due episodi distinti, con la maggior parte delle vittime causate dalla folla nel primo episodio.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà in seduta a porte chiuse per discutere della situazione a Gaza. Le reazioni internazionali si sono moltiplicate, con gli Stati Uniti considerando gli spari a Gaza come un “incidente grave”. Il presidente Biden ha detto che il suo governo sta esaminando le varie versioni sugli spari e che non ci sarà probabilmente un cessate il fuoco lunedì.
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha chiesto risposte a Israele riguardo agli eventi a Gaza e ha sottolineato l’importanza di proteggere la distribuzione degli aiuti umanitari. Il Pentagono ha confermato la gravità della situazione nella Striscia e ha espresso preoccupazione per il numero di civili morti.
Hamas ha avvertito che gli spari a Gaza potrebbero compromettere i negoziati per la tregua e per la liberazione degli ostaggi. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese ha condannato l’attacco come uno spregevole massacro compiuto dall’esercito israeliano. Anche l’Egitto ha condannato l’attacco e ha chiesto il rispetto del diritto internazionale e umanitario.
In Italia, il presidente del Consiglio Meloni ha espresso profonda preoccupazione per quanto accaduto a Gaza e ha chiesto un immediato cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Il segretario generale dell’Onu ha condannato la strage a Gaza e ha chiesto l’immediato cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi.
Israele ha dichiarato che la folla ha saccheggiato gli aiuti umanitari, rappresentando una minaccia per le truppe. Il ministro della Sicurezza nazionale israeliano ha proposto di fermare la fornitura di aiuti umanitari a Gaza. Il leader di Hamas ha dichiarato che gli israeliani sono dove li vogliono.
Pacchi di aiuti umanitari lanciati verso Gaza sono caduti in territorio israeliano. Gli Stati Uniti stanno valutando la possibilità di lanciare aiuti a Gaza da aerei. Il premier Netanyahu ha dichiarato che non si sa se ci sarà un accordo con Hamas nei prossimi giorni.
Attualità
L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

L’8 e il 9 giugno milioni di cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su due referendum abrogativi, che toccano temi centrali come il lavoro e l’immigrazione, e come troppo spesso accade, milioni di persone non ci andranno: rimarranno a casa per disillusione, per indifferenza, perché “tanto non cambia nulla”.
È una rinuncia, non solo a un diritto, ma a una possibilità concreta di contare, di orientare scelte che riguardano il lavoro e le politiche migratorie. Si vota per dire sì o no a norme che regolano direttamente i diritti dei lavoratori e le politiche migratorie.
Non partecipare a questo processo è un errore e, in parte, una colpa. Perché chi non vota, lascia agli altri la responsabilità di decidere. Ogni voto perso è un pezzo di democrazia lasciato indietro, un’occasione che si spegne.
In Italia siamo spesso bravi a lamentarci, a denunciare l’incoerenza dei partiti, l’inutilità delle istituzioni, la distanza della politica. Ma poi, quando c’è l’occasione per fare la propria parte, si resta indietro, si sceglie il silenzio.
Votare non è un atto eroico, non risolve tutto, non cambia il mondo da un giorno all’altro, ma è un segnale di partecipazione. C’è chi ha lottato, chi ha marciato, chi ha sfidato regimi, censure e repressioni per ottenerlo. In Italia, fino al 1946 le donne non potevano votare, è passato meno di un secolo, e prima ancora milioni di italiani – poveri, analfabeti, lavoratori – erano esclusi dalle urne per legge.
Il suffragio universale è una conquista recente ed è costato sacrifici e battaglie civili. E oggi, non partecipare al voto con indifferenza significa anche mancare di rispetto a quella memoria, a chi ha aperto la strada per farci contare e per farci scegliere.
Chi ha perso il diritto al voto, nella storia, sa quanto vale.
Noi lo diamo per scontato, e invece oggi, più che mai, va difeso.
L’8 e il 9 giugno si vota. Non è uno slogan, è un invito, ma anche qualcosa di più: una responsabilità personale e collettiva. Chi se ne tira fuori, poi, non potrà dire che la politica non lo rappresenta, perché ha scelto di non esserci.
Attualità
Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

Una decisione che fa discutere in tempi in cui la sensibilità collettiva verso le questioni di genere è (giustamente) in aumento, la rimozione di una statua raffigurante una Venere nuda a Berlino ha acceso un dibattito infuocato: l’opera, che riprendeva la tradizione classica della nudità femminile, è stata tolta dallo spazio pubblico con l’accusa di essere sessista.
La nudità nell’arte non è pornografia, né oggettificazione del corpo, ridurre ogni rappresentazione del nudo a una questione di “sessismo” è non solo limitato, ma pericolosamente superficiale.
Quando un’opera viene censurata non perché offende, ma perché potrebbe essere interpretata in modo offensivo, entriamo in un terreno dove il contesto, la storia e l’intenzione artistica vengono messi da parte in favore di una morale istantanea e poco riflessiva.
L’arte, per sua natura, non è sempre comoda né rassicurante: provoca, interroga, a volte disturba. Chiedere all’arte di conformarsi a uno standard etico e morale “sicuro” rischia di svuotarla di senso.
Infine, paradossalmente, è proprio questo tipo di censura che rischia di oggettificare la donna: non l’immagine in sé, ma l’idea che una figura femminile nuda non possa esistere nello spazio pubblico senza essere letta come offesa o strumento di dominio. Una donna nuda, in arte, non è automaticamente una vittima: può essere una dea, una madre, o semplicemente un simbolo estetico. Trattarla come un tabù è togliere complessità, non aggiungerla.
La battaglia per l’uguaglianza di genere è sacrosanta, ma confondere le immagini con le intenzioni è una forma di semplificazione che impoverisce tutti.
Rimuovere la statua della Venere a Berlino non è un passo avanti per le donne, ma un passo indietro per la cultura.
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