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Ostacoli allo Stadio della Roma a Pietralata: il problema dell’antica cisterna

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Ostacoli allo Stadio della Roma a Pietralata: il problema dell’antica cisterna

La Soprintendenza ha manifestato l’esigenza di nuovi scavi archeologici presso l’area prevista per la costruzione dello Stadio della Roma. La richiesta è che il progetto rispetti il patrimonio storico e non disturbi i reperti archeologici già rinvenuti, tra cui una cisterna romana antica.

Un reperto come una cisterna romana risalente al II secolo dopo Cristo potrebbe dettare una potenziale interruzione al processo di costruzione del nuovo Stadio della Roma a Pietralata. Nonostante si affrontino problemi legati al traffico, ai trasporti e ai parcheggi, le questioni archeologiche potrebbero costituire un notevole ostacolo.

Dopo la fase del dibattito pubblico, toccherà alla società sportiva dell’As Roma presentare un progetto definitivo e un relativo piano economico-finanziario. Questo sarà sottoposto all’approvazione dell’Assemblea Capitolina e, in seguito, alla Conferenza dei Servizi decisoria presieduta dalla Regione Lazio.

Mentre il processo avanza, l’AS Roma dovrà procedere alle indagini archeologiche come richiesto dalla Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma. La preoccupazione non solo riguarda nuovi ritrovamenti ma coinvolge anche i reperti storici già noti presenti nell’area della futura costruzione dello stadio.

Secondo la Soprintendenza, nell’area in questione si trova una villa con strutture murarie, muri di terrazzamento e un ‘castellum aquae’ con una cisterna romana. Si sottolinea l’importanza di evitare interferenze con queste strutture durante la procedura di costruzione dell’area dello stadio.

Inoltre, in una nota precedente inviata all’As Roma, la Soprintendenza ha richiesto che il progetto venga modificato per evitare interferenze con i resti archeologici già scoperti. Si prevede che l’area dello stadio, in particolare la zona di Pietralata, sia a rischio archeologico medio-alto a causa della presenza di diverse strutture di volta storica.

Le parti interessate dal progetto devono essere attentamente considerate, in quanto la Soprintendenza ritiene necessario sottoporre il progetto a una procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico. È per questo che le indagini archeologiche sono necessarie e si richiede che lo stadio eviti qualunque interferenza con i resti archeologici già scoperti.

Tra i resti archeologici rinvenuti nell’area interessata dal progetto dello Stadio della Roma, si trovano le strutture murarie di una villa di età augustea, oltre a una rete di canalizzazioni, una cava di tufo, un percorso stradale di mezzacosta e una struttura a pianta quadrangolare d’uso idraulico.

Infine, troviamo una grande cisterna in muratura risalente al II secolo d.C., lunga 30 metri, probabilmente correlata al castellum individuato ad ovest. Un’altra scoperta significativa è un ‘castellum aquae’, contenente un sistema idrico d’età successiva collegato alla grande cisterna ad est.

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.

Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.

Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.

Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.

L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.

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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?

Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.

Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.

Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.

Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?

Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.

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