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Policlinico Umberto I si sposta a Pietralata: impatti sul traffico con stadio Roma

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Policlinico Umberto I si sposta a Pietralata: impatti sul traffico con stadio Roma

Francesco Rocca, il Presidente della Regione Lazio, ha annunciato un potenziale trasferimento del Policlinico Umberto I da Castro Pretorio all’area di Pietralata entro il 2028. Questo è l’area in cui dovrebbe essere costruito il nuovo stadio della Roma. Quest’idea, un tempo una pura ipotesi, è ora una realtà nel fare.

Rocca ha svelato il piano per il trasferimento del policlinico durante un recente annuncio. “L’ospedale non può più rimanere dov’è”, ha spiegato, aggiungendo che sono in arrivo maggiori dettagli. Le vecchie strutture potrebbero essere trasformate in università, residenze, laboratori e aule. L’investimento per la creazione del nuovo policlinico sarà di circa 500 milioni di euro. Nonostante il trasloco, ha assicurato che la nuova ubicazione non rappresenterà un problema per il traffico.

Attualmente, l’ospedale si trova tra Castro Pretorio e Viale Regina Margherita. Qui saranno lasciati circa 300 posti letto per i pazienti, oltre alle aule universitarie e ai laboratori. Il resto verrà trasferito a Pietralata. “Stiamo definendo gli ultimi dettagli”, ha detto Rocca, esprimendo ottimismo sul fatto che il progetto potrebbe essere realizzato nel giro di quattro anni, a partire dal prossimo mese.

Nonostante l’entusiasmo di Rocca, il problema del traffico nella zona rimane. Ci sarà un incontro istituzionale tra la Regione e l’Università Sapienza, che coinvolgerà anche il Comune di Roma per le questioni urbanistiche. Benché Rocca sostenga che la presenza del nuovo stadio non comporta problemi di traffico, la presenza dell’ospedale Pertini ha già sollevato questioni sulla viabilità e sul traffico della zona.

La situazione del traffico risulta essere il nodo più critico sia per lo stadio che per l’ospedale. Legambiente Lazio ha sottolineato l’importanza del trasporto pubblico locale, affermando che spostare il traffico attuale dall’Olimpico a Pietralata potrebbe portare a grandi problemi. Le associazioni ambientaliste hanno riscontrato nel progetto preliminare presentato dalla Roma che non erano previste corsie dedicate all’ingresso e all’uscita del vicino ospedale Pertini durante i periodi di picco di afflusso allo stadio.

C’è la preoccupazione che, se il nuovo Policlinico Umberto I dovesse essere costruito in questa zona, la situazione del traffico potrebbe peggiorare ulteriormente. Nonostante Rocca sostenga il contrario, è evidente che la questione della mobilità sarà centrale nelle discussioni future. Il rischio è quello di creare un caos di traffico nel quadrante Nord-Est di Roma con l’aggiunta del nuovo stadio e del nuovo ospedale.

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

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Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.

Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.

Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.

Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.

L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.

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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?

Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.

Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.

Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.

Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?

Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.

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