Attualità
Kala, la cucciola di tigre del Bioparco di Roma, ora esposta al pubblico

Kala, la cucciola di tigre di Sumatra nata al Bioparco di Roma, è finalmente visibile al pubblico dopo aver compiuto tre mesi di vita. Ora può esplorare l’habitat esterno insieme ai suoi genitori, Tila e Kalish, che la guidano nelle scoperte. La piccola Kala è uno dei pochi esemplari rimasti al mondo, con soli 500 individui della specie di tigre di Sumatra ancora presenti.
La presidente della Fondazione Bioparco di Roma, la professoressa Paola Palanza, ha sottolineato l’importanza della nascita di Kala per diversi motivi. La riproduzione degli animali è un segnale di benessere e arricchisce la loro esperienza sociale. La madre, Tila, è nata nello zoo di Chester in Inghilterra nel 2011 e ha vissuto anche nello zoo di Heidelberg in Germania prima di arrivare al Bioparco. Il padre, Kalish, proviene dallo zoo di Beauval, in Francia.
Il Bioparco di Roma partecipa attivamente ai programmi di tutela della specie, contribuendo sia con progetti in natura che con la conservazione in cattività. Il degrado ambientale causato dall’inquinamento e dallo sfruttamento degli habitat rappresenta una minaccia per le specie animali e vegetali. Per contrastare questa minaccia sono necessarie azioni efficaci e innovative, insieme alla sensibilizzazione del pubblico, a cui il Bioparco di Roma contribuisce con impegno grazie al supporto di Roma Capitale e dell’Assessorato all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti.
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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