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UFFICIALE – Dal 26 aprile l’Italia torna in ‘giallo’: tutte le novità per le riaperture

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UFFICIALE – Dal 26 aprile l’Italia torna in ‘giallo’: tutte le novità per le riaperture

UFFICIALE – Dal 26 aprile l’Italia torna in ‘giallo’: tutte le novità per le riaperture.

UFFICIALE – Dal 26 aprile l’Italia torna in ‘giallo’. L’annuncio è arrivato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. “Possiamo guardare al futuro con prudente ottimismo e fiducia”, ha detto il premier. Che poi ha illustrato nei dettagli il provvedimento, “strutturato su tre blocchi: aperture, scostamento di bilancio e opere messe in cantiere”. Sulla campagna vaccinale invece ha sottolineato come “sta andando bene, un dato che ci ha fatto prendere le decisioni”. Nelle quali, spiega Draghi, ci sarà “un cambiamento rispetto al passato: la precedenza data ad attività all’aperto e alle scuole”. Queste ultime, prosegue il premier “riaprono in presenza nelle zone gialle e arancioni. In quelle rosse invece l’attività si svolgerà in parte in presenza e in parte a distanza”. Si tratta, afferma Draghi, di un “rischio ragionato, visti i dati in miglioramento”. Un rischio, spiega, “che certamente incontra le aspettative dei cittadini”, ma che al tempo stesso “si fonda su una premessa. Ovvero, l’osservanza scrupolosa dei comportamenti nelle attività aperte. Le mascherine e il distanziamento restano”. A questo proposito, aggiunge, “occorrerà sensibilizzare particolarmente le autorità, gli Enti locali, e le forze dell’ordine”. Perchè le riaperture “rappresentano un’opportunità straordinaria per l’economia e la nostra vita sociale”.

SPOSTAMENTI

Dal 26 aprile saranno consentiti tra regioni gialle, mentre per quelle di colore diverso ci vorrà un pass. Quest’ultimo, spiega Draghi, dovrà “attestare la sussistenza di una delle seguenti condizioni: avvenuta vaccinazione, esecuzione di un test Covid negativo, avvenuta guarigione dal Covid”. L’ottenimento, prosegue, consentirà di “spostarsi liberamente sul territorio nazionale e accedere a determinati eventi, culturali e sportivi”.

COPRIFUOCO

“Per questa fase – ha spiegato il Ministro della Salute Speranza – la limitazione resta alle 22. Poi il governo valuterà di settimana in settimana ed eventualmente adeguerà. Andremo per gradi, secondo un modello per fasce. Quindi se c’è un focolaio o l’area è in difficoltà, scatteranno misure più rigide”.

CALENDARIO

Quella del 26 aprile non sarà l’unica data chiave: “Dal 15 di maggio – prosegue Speranza – riapriranno le piscine all’aperto. Dal 1 giugno invece le attività connesse alle palestre, i ristoranti con tavoli al chiuso. Questi ultimi solo a pranzo e con nuove linee guida. Il 1° luglio infine toccherà alle fiere”.

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Eseguito lo sfratto del centro Sociale Leoncavallo. Dopo anni lo stato vince la battaglia

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Eseguito lo sfratto del centro Sociale Leoncavallo. Dopo anni lo stato vince la battaglia

Sfrattato e sgomberato il centro sociale Leoncavallo di Milano.

Milano: eseguito sfratto del centro sociale Leoncavallo

In questo momento a Milano stanno eseguendo lo sfratto del centro sociale Leoncavallo. La notizia battuta dalle agenzie di stampa informa che è stato eseguito il provvedimento di sfratto dell’immobile occupato abusivamente dal centro sociale Leoncavallo. Poco prima delle 9 l’ufficiale giudiziario con la collaborazione della polizia di Stato ha fatto accesso nell’ex cartiera di via Watteau.

Leoncavallo sfratto rinviato 100 volte

Lo sfratto del centro sociale di via Watteau era stato rinviato un centinaio di volte e lo scorso novembre il ministero dell’Interno era stato condannato a risarcire 3 milioni ai Cabassi, proprietari dell’area, proprio per il mancato sgombero. Nei mesi scorsi l’associazione Mamme del Leoncavallo aveva presentato una manifestazione d’interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi che poteva rappresentare un primo passo per lo spostamento del centro sociale dall’attuale spazio. Lo storico ‘Leonka’, così lo chiamavano a Milano occupa lo spazio in via Watteau dal 1994.

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Attualità

Tamara Ianni e la forza di rompere il silenzio. Una voce contro la mafia di Ostia

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Tamara Ianni e la forza di rompere il silenzio. Una voce contro la mafia di Ostia

In un’Italia dove troppo spesso il silenzio è più forte della giustizia, la storia di Tamara Ianni è un grido potente che squarcia il complice silenzio; ex affiliata a uno dei clan criminali più feroci di Ostia, oggi è una collaboratrice di giustizia. Una donna, una madre, che ha scelto di denunciare, mettendo a rischio tutto, persino la vita della propria famiglia, pur di dire basta.

Il suo nome è emerso ancora una volta grazie a Belve Crime, programma condotto da Francesca Fagnani, che ha avuto il coraggio di affrontare in prima serata temi molto delicati. Nella sua intervista a volto coperto, Tamara Ianni ricorda i momenti che hanno segnato il suo passaggio da complice a testimone chiave nella lotta contro il clan Spada, una delle organizzazioni mafiose più temute del litorale romano; con le sue confessioni e quelle del marito, Micheal Galloni – nipote del boss rivale Giovanni Galleoni detto Baficchio – lo Stato è riuscito ad arrestare 32 membri del clan Spada nel 2018. Una frattura storica nella criminalità organizzata della capitale.

Il prezzo pagato da Tamara Ianni per aver scelto di parlare è stato altissimo, tra intimidazioni, violenze e minacce al figlio di appena due anni: e un boss con lamette infette in bocca, pronto a sputare sangue sul volto di un bambino innocente, nel tentativo di seminare terrore e sottomissione. In quel momento, Tamara ha alzato la testa, non per sé, ma per salvare suo figlio, e in quel gesto si concentra tutta la forza di una donna che ha deciso di rompere la catena del silenzio.

La sua non è solo una testimonianza processuale, è una lezione morale, un atto di coraggio che dimostra come la mafia possa essere affrontata, smascherata e persino colpita nei suoi equilibri più profondi, a patto che chi sceglie di parlare non venga lasciato solo, ma sostenuto, protetto, accompagnato da uno Stato che mantenga la promessa di giustizia.

Ed è proprio qui che si apre una ferita ancora aperta, una domanda scomoda e urgente: cosa stiamo facendo davvero per chi decide di denunciare? L’attentato del 2018, con un ordigno piazzato sulla casa dove Tamara viveva sotto protezione, ci ricorda che il rischio non finisce con una condanna, che la vendetta mafiosa è lenta, subdola, pronta a colpire nel tempo, e che chi collabora con la giustizia spesso è condannato a un’esistenza precaria, fatta di traslochi improvvisi, identità cancellate, isolamento sociale…

In un’Italia dove la criminalità organizzata continua a infiltrarsi nelle periferie, nei quartieri dimenticati, nei vuoti lasciati dalle istituzioni, figure come Tamara Ianni dovrebbero essere riconosciute come figure esemplari, simboli di un cambiamento possibile, di una scelta che, pur nel dolore, ha un valore collettivo enorme. Ma quante donne, quante madri, troverebbero la forza di fare lo stesso, sapendo di dover rinunciare a tutto, anche al diritto di vivere una vita normale?

Per questo la sua storia va ricordata, raccontata, portata nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi della politica e della formazione, perché i giovani capiscano che la mafia non è invincibile e che dire no è possibile.

A volte, il vero eroismo non è nell’impugnare un’arma, ma nel trovare il coraggio di rompere il silenzio, anche quando tutti ti dicono di tacere.

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