Attualità
Sciopero Roma 8 marzo 2024: scuola, sanità a rischio

In occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, è stato indetto uno sciopero generale nazionale coinvolgendo lavoratori e lavoratrici dei settori pubblici e privati a Roma e nel Lazio. Settori come scuola, università, sanità e trasporti sono a rischio per 24 ore.
Numerose sono le associazioni sindacali che aderiscono allo sciopero generale, tra cui la Flc CGIL, Slai Cobas, Adl Cobas, Cobas Usb, Cobas Sub, Osp Faisa Cisal, Usi Cit, Clap, Si Cobas, Cub Trasporti, Uitrasporti, Usi 1912, Flaei Cisl e Uiltec Uil.
Per quanto riguarda i treni garantiti a Roma e nel Lazio il 8 marzo 2024, i servizi di Trenitalia sono a rischio sia a livello nazionale che regionale. Tuttavia, sono confermate fasce di garanzia durante la giornata, dalle 6 alle 9 del mattino e dalle 18 alle 21 la sera. Alcuni treni sono comunque garantiti in caso di sciopero, ma il trasporto pubblico locale di Roma non aderisce all’iniziativa.
Atac e Roma Tpl non aderiscono allo sciopero, garantendo il regolare funzionamento di bus, metro e tram a Roma. Solo i treni regionali sono a rischio, con possibili deviazioni e chiusure di alcune fermate a causa di un corteo previsto per l’8 marzo. Scuole, materne e nidi sono colpiti dallo sciopero, con possibili disagi nell’erogazione dei servizi dovuti alla partecipazione di maestre, educatrici e professoresse alla mobilitazione.
Anche il personale dei Vigili del Fuoco, delle Autostrade e del settore sanitario partecipa allo sciopero. I vigili del fuoco scioperano per mezza giornata, mentre i lavoratori di Autostrade e del settore sanitario rischiano di subire disagi per l’intera giornata dell’8 marzo.
Attualità
Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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