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GOVERNO L’ex ministro Fioramonti spiega il suo addio

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GOVERNO L’ex ministro Fioramonti spiega il suo addio

Dopo le dimissioni presentate al premier Conte l’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti spiega il suo addio al Governo.

Con un lungo post sui social l’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti spiega il suo addio al Governo. Queste le sue parole: “La sera del 23 dicembre ho inviato al Presidente del Consiglio la lettera formale con cui rassegno le dimissioni da Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Mi sono ovviamente messo a completa disposizione per garantire una transizione efficace al vertice del Ministero, nei tempi opportuni per assicurare continuità operativa. Per rispetto istituzionale avevo deciso di attendere qualche altro giorno prima di rendere pubblica la decisione. Ma, visto che ormai la notizia è stata filtrata ai media, mi sembra giusto parlare in prima persona.

Prima di prendere questa decisione ho atteso il voto definitivo sulla Legge di Bilancio. In modo da non porre tale carico sulle spalle del Parlamento in un momento così delicato. Le ragioni sono da tempo e a tutti ben note. Ho accettato il mio incarico con l’unico fine di invertire in modo radicale la tendenza che da decenni mette la scuola, la formazione superiore e la ricerca italiana, in condizioni di forte sofferenza. Mi sono impegnato per rimettere l’istruzione – fondamentale per la sopravvivenza e per il futuro di ogni società – al centro del dibattito pubblico. Sottolineando in ogni occasione quanto, senza adeguate risorse, fosse impossibile anche solo tamponare le emergenze che affliggono la scuola e l’università pubblica.

Non è stata una battaglia inutile e possiamo essere fieri di aver raggiunto risultati importanti. Lo stop ai tagli, la rivalutazione degli stipendi degli insegnanti (insufficiente ma importante), la copertura delle borse di studio per tutti gli idonei, un approccio efficiente e partecipato per l’edilizia scolastica, il sostegno ad alcuni enti di ricerca che rischiavano di chiudere e, infine, l’introduzione dell’educazione allo sviluppo sostenibile in tutte le scuole (la prima nazione al mondo a farlo). La verità, però, è che sarebbe servito più coraggio da parte del Governo per garantire quella ‘linea di galleggiamento’ finanziaria di cui ho sempre parlato. Soprattutto in un ambito così cruciale come l’università e la ricerca.

Si tratta del vero motore del Paese, che costruisce il futuro di tutti noi. Pare che le risorse non si trovino mai quando si tratta della scuola e della ricerca. Eppure si recuperano centinaia di milioni di euro in poche ore da destinare ad altre finalità quando c’è la volontà politica. Sulla salvaguardia dell’ambiente e sulle nuove tecnologie; non riconoscere il ruolo cruciale della formazione e della ricerca equivale a voltare la testa dall’altra parte. Nessun Paese può più permetterselo. La perdita dei nostri talenti e la mancata valorizzazione delle eccellenze generano un’emorragia costante di conoscenza e competenze preziosissime, che finisce per contribuire alla crescita di altre nazioni, più lungimiranti della nostra.

È questa la vera crisi economica italiana. Alcuni mi hanno criticato per non aver rimesso il mio mandato prima, visto che le risorse era improbabile che si trovassero. Ma io ho sempre chiarito che avrei lottato per ogni euro in più fino all’ultimo, tirando le somme solo dopo l’approvazione della Legge di Bilancio. Ora forse mi criticheranno perché, in coerenza con quanto promesso, ho avuto l’ardire di mantenere la parola. Le dimissioni sono una scelta individuale, eppure vorrei che – sgomberato il campo dalla mia persona – non si perdesse l’occasione per riflettere sull’importanza della funzione che riconsegno nelle mani del Governo.

Un Governo che può fare ancora molto e bene per il Paese se riuscirà a trovare il coraggio di cui abbiamo bisogno. Il tema non è mai stato ‘accontentare’ le mie richieste, ma decidere che Paese vogliamo diventare, perché è nella scuola – su questo non vi è alcun dubbio – che si crea quello che saremo. Lo sapeva bene Piero Calamandrei quando scriveva che ‘se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento, della Magistratura, della Corte Costituzionale’.

Alle persone con cui ho lavorato, dentro e fuori dal Ministero, dalla viceministra e sottosegretari ai tanti docenti, sindacati, imprese e fino all’ultimo dei dipendenti, va tutto il mio ringraziamento per avermi accompagnato in questo percorso. Alle ragazze ed ai ragazzi che fanno vivere la scuola e l’università italiana chiedo di non dimenticare mai l’importanza dei luoghi che attraversano per formarsi, senza arrendersi alla politica del ‘non si può fare’. Come diceva Gianni Rodari, dobbiamo imparare a fare le cose difficili. Perché a volte bisogna fare un passo indietro per farne due in avanti. Il mio impegno per la scuola e per le giovani generazioni non si ferma qui, ma continuerà – ancora più forte – come parlamentare della Repubblica Italiana”.

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Ottaviani (Lega) “E’ il Pd ad aver penalizzato Roma e Lazio, Zingaretti e Patanè chiedano scusa”

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Ottaviani (Lega) “E’ il Pd ad aver penalizzato Roma e Lazio, Zingaretti e Patanè chiedano scusa”

È davvero incredibile la faccia tosta con cui Zingaretti e Patanè attaccano Matteo Salvini. Il primo ha governato il Lazio per 10 anni e, tra i tanti ‘successi’ amministrativi, Roma ricorderà sempre la chiusura senza alternative della discarica di Malagrotta.

Questa decisione ha fatto piombare la città in un’emergenza rifiuti e ha costretto i cittadini a pagare una delle TARI più alte d’Italia. Il secondo, invece, non è in grado nemmeno di garantire i servizi minimi del trasporto pubblico nella città.

Grazie a Matteo Salvini, a Roma sono arrivati miliardi di euro per la Metro C, risorse fondamentali per sbloccare un’opera necessaria per la Capitale. È evidente che siano stati i dem, con la loro inadeguatezza politica, a penalizzare Roma e il Lazio. Chiedano scusa, invece di tentare di dare lezioni”. Lo dichiara il deputato della Lega Nicola Ottaviani.

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Alle elezioni europee ricordiamoci di chi ci obbligava a vaccinarci e che ora difende il Genocidio

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Alle elezioni europee ricordiamoci di chi ci obbligava a vaccinarci e che ora difende il Genocidio

Verba Volant scripta manent. Alle prossime elezioni europee ricordiamoci dei politici e degli schieramenti che ci hanno obbligato a vaccinarci, con l’obbligo del Green Pass dicendoci che non c’era nessun rischio, cosa che invece è stata smentita ufficialmente il primo maggio quando AstraZeneca ha dichiarato che il vaccino covid19 può causare rari casi di trombosi.

Questo nonostante tanti professori e medici della comunità scientifica già avevano detto che il vaccino era sperimentale e che così, come era organizzata la somministrazione, non era corretta. Solo che poi la classe politica dominante, che aveva come premier, prima Conte e poi Mario Draghi, con Roberto Speranza sempre ministro della Salute, andava a creare pressioni notevoli critica il mainstream. Qualche medico è stato cancellato e sospeso dagli albi professionali, qualche questore sospeso dall’attività e più di qualche giornalista declassato e imbavagliato, qualche lavoratore licenziato, qualcuno è morto di trombosi ecc…

Elezioni Europee

Fra meno di un mese ci saranno le elezioni europee che negli anni sono diventate più importanti delle elezioni nazionali e i personaggi bene o male sono sempre gli stessi. Adesso però c’è anche un’altra grana su cui tantissimi politici fanno silenzio, ovvero non condannare i crimini di guerra che sta commettendo il governo Netanyahu, sempre più in crisi al suo interno, ma appoggiato dai poteri forti del mondo occidentale.

Più di 40.000 vittime palestinesi, di cui più della metà donne e bambini. Parliamoci chiaro, non ci vuole nulla a capire che difendere questa strategia militare, nasce da accordi che vanno al di la della pace e della democrazia. Condannare il terrorismo e gli attacchi palestinesi verso civili israeliani è ugualmente vergognoso, ma la risposta militare d’Israele è nettamente sproporzionata.

Per l’Ucraina, tutti i nostri politici hanno fatto campagne di sensibilizzazione, mentre per la Palestina, tutto tace. La verità è che l’Italia è una colonia dell’America, ed ora più che mai ce ne siamo rendendo tutti conto. Quando continueranno a parlare di non violenza o di democrazia, diritti civili e quant’altro, ricordiamoci del Green Pass e del silenzio sul genocidio del popolo palestinese.

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