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Le immagini che lasciano senza parole dei prigionieri palestinesi

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Gaza, prigionieri palestinesi denudati e fatti sedere a terra circondati dalle milizie israeliane: le immagini – Il Fatto Quotidiano

Prigionieri palestinesi sono stati sottoposti a trattamenti disumani

Tre persone fatte spogliare e fatte sedere a terra, circondati da membri dell’esercito israeliano armati, sono stati documentati in immagini che circolano a Gaza. Secondo alcune fonti, sarebbero civili arrestati “arbitrariamente” da Israele, così riporta Il Fatto Quotidiano.

Mentre i media israeliani li hanno presentati come “combattenti di Hamas”, altre fonti forniscono una versione differente. Il portavoce militare dell’esercito israeliano ha dichiarato che le centinaia di persone arrestate sarebbero “sospetti terroristi” molti dei quali si sarebbero “arresi e consegnati”.

In aggiunta, il notiziario in lingua araba, The New Arab, ha riferito che il loro giornalista, insieme ai suoi fratelli, parenti e “altri civili”, è stato arrestato dalle forze israeliane a Beit Lahia. Secondo quanto denunciato, gli uomini sono stati costretti a togliersi i vestiti e sottoposti a perquisizioni invasive e trattamenti umilianti prima di essere trasportati in “località sconosciute”. La testata araba ha condannato questa detenzione come “umiliante” e ha esortato la comunità internazionale e i difensori dei diritti umani a denunciare l’attacco.

Alcune immagini riprese anche dal canale Telegram Eye on Palestine mostrano palestinesi uomini catturati. In alcune foto si vedono prigionieri bendati e con le mani legate dietro la schiena, mentre in altre un gruppo viene trasportato sul retro di un veicolo militare israeliano.

Secondo l’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, sarebbero civili arrestati “arbitrariamente” da Israele in due scuole affiliate alle Nazioni Unite a Beit Lahia. Le immagini hanno fatto emergere alcune preoccupazioni sul trattamento riservato ai prigionieri. La testata araba ha condannato quanto accaduto come un attacco ai giornalisti nel territorio e ha sollecitato una presa di posizione da parte della comunità internazionale e degli organismi per i diritti umani.

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L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

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L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

L’8 e il 9 giugno milioni di cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su due referendum abrogativi, che toccano temi centrali come il lavoro e l’immigrazione, e come troppo spesso accade, milioni di persone non ci andranno: rimarranno a casa per disillusione, per indifferenza, perché “tanto non cambia nulla”.

È una rinuncia, non solo a un diritto, ma a una possibilità concreta di contare, di orientare scelte che riguardano il lavoro e le politiche migratorie. Si vota per dire sì o no a norme che regolano direttamente i diritti dei lavoratori e le politiche migratorie.

Non partecipare a questo processo è un errore e, in parte, una colpa. Perché chi non vota, lascia agli altri la responsabilità di decidere. Ogni voto perso è un pezzo di democrazia lasciato indietro, un’occasione che si spegne.

In Italia siamo spesso bravi a lamentarci, a denunciare l’incoerenza dei partiti, l’inutilità delle istituzioni, la distanza della politica. Ma poi, quando c’è l’occasione per fare la propria parte, si resta indietro, si sceglie il silenzio.

Votare non è un atto eroico, non risolve tutto, non cambia il mondo da un giorno all’altro, ma è un segnale di partecipazione. C’è chi ha lottato, chi ha marciato, chi ha sfidato regimi, censure e repressioni per ottenerlo. In Italia, fino al 1946 le donne non potevano votare, è passato meno di un secolo, e prima ancora milioni di italiani – poveri, analfabeti, lavoratori – erano esclusi dalle urne per legge.
Il suffragio universale è una conquista recente ed è costato sacrifici e battaglie civili. E oggi, non partecipare al voto con indifferenza significa anche mancare di rispetto a quella memoria, a chi ha aperto la strada per farci contare e per farci scegliere.

Chi ha perso il diritto al voto, nella storia, sa quanto vale.
Noi lo diamo per scontato, e invece oggi, più che mai, va difeso.

L’8 e il 9 giugno si vota. Non è uno slogan, è un invito, ma anche qualcosa di più: una responsabilità personale e collettiva. Chi se ne tira fuori, poi, non potrà dire che la politica non lo rappresenta, perché ha scelto di non esserci.

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Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

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Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

Una decisione che fa discutere in tempi in cui la sensibilità collettiva verso le questioni di genere è (giustamente) in aumento, la rimozione di una statua raffigurante una Venere nuda a Berlino ha acceso un dibattito infuocato: l’opera, che riprendeva la tradizione classica della nudità femminile, è stata tolta dallo spazio pubblico con l’accusa di essere sessista.

La nudità nell’arte non è pornografia, né oggettificazione del corpo, ridurre ogni rappresentazione del nudo a una questione di “sessismo” è non solo limitato, ma pericolosamente superficiale.

Quando un’opera viene censurata non perché offende, ma perché potrebbe essere interpretata in modo offensivo, entriamo in un terreno dove il contesto, la storia e l’intenzione artistica vengono messi da parte in favore di una morale istantanea e poco riflessiva.

L’arte, per sua natura, non è sempre comoda né rassicurante: provoca, interroga, a volte disturba. Chiedere all’arte di conformarsi a uno standard etico e morale “sicuro” rischia di svuotarla di senso.

Infine, paradossalmente, è proprio questo tipo di censura che rischia di oggettificare la donna: non l’immagine in sé, ma l’idea che una figura femminile nuda non possa esistere nello spazio pubblico senza essere letta come offesa o strumento di dominio. Una donna nuda, in arte, non è automaticamente una vittima: può essere una dea, una madre, o semplicemente un simbolo estetico. Trattarla come un tabù è togliere complessità, non aggiungerla.

La battaglia per l’uguaglianza di genere è sacrosanta, ma confondere le immagini con le intenzioni è una forma di semplificazione che impoverisce tutti.

Rimuovere la statua della Venere a Berlino non è un passo avanti per le donne, ma un passo indietro per la cultura.

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