Attualità
Controllore lancia insulti razzisti a 16enne su autobus per biglietto non valido

La madre di una ragazza ha denunciato un episodio di razzismo nei confronti di sua figlia, sedicenne di recente immigrazione, avvenuto su un autobus a Rieti. Le è stato contestato di aver confuso un biglietto obliterato con uno ancora da obliterare, un errore che ha scatenato la furia del controllore. Secondo la mamma, l’uomo ha iniziato a gridare offese razziste contro la ragazza, creando uno sgradevole incidente raccolto in un autobus pieno di passeggeri che tuttavia non sono intervenuti.
L’episodio ha destato preoccupazione e Immediata reazione da parte della società di trasporto pubblico locale. L’Asm Rieti ha infatti annunciato l’avvio di un’inchiesta interna per accertare le responsabilità del controllore. Il suo presidente, Vincenzo Regnini, ha precisamente dichiarato la contrarietà della società a simili episodi discriminatori, ribadendo l’impegno nel favore dell’integrazione e dell’inclusione.
Risulta che la ragazza, appena salita sul bus, è stata subito controllata. Quando ha mostrato il biglietto considerato non valido, e su ciò ci sono dubbi, il controllore avrebbe iniziato a gridare e insultare la giovane e le sue amiche, tutte straniere. Secondo la madre della ragazza, agli italiani che erano senza biglietto o con biglietto irregolare, veniva riservato un tono amorevole e comprensivo.
Giunta al capolinea, la sedicenne ha chiamato la madre che prontamente si è precipitata a prenderla. Al suo arrivo, ha chiesto spiegazioni al controllore che invece di dare risposte utili ha minacciato di chiamare la polizia, cosa che ha infiammato ulteriormente la situazione. Questo episodio è stato confermato da alcuni ragazzi di origine indiana presenti sullo stesso autobus.
La madre della ragazza, cubana, residente in Italia da una decade, ha raccontato il suo disagio. Ha narrato come la figlia, in visita, abbia confuso i due biglietti presumibilmente per non avere ancora padronanza della lingua. A causa di ciò, ha voluto esprimere il suo disagio per l’hostilità e la diffidenza con cui vengono spesso accolti gli stranieri, nonostante il rispetto delle leggi e il pagamento delle tasse.
Ha concluso affermando il suo desiderio di aprire un locale tutto suo in Italia, una terra che rispetta e considera ormai casa sua. Ha ribadito la sua esigenza di porre fine a queste frequenti dimostrazioni di rabbia e diffidenza che interferiscono con la serenità della vita quotidiana.
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Il divieto degli smartphone a scuola: una scelta coraggiosa?

Di fronte all’annuncio del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di estendere il divieto dell’uso dei cellulari anche agli studenti delle scuole superiori a partire dal prossimo anno scolastico, l’opinione pubblica si spacca: da un lato c’è chi accoglie con favore la misura, considerandola una necessaria inversione di rotta per ridare centralità alla didattica, dall’altro lato, non mancano le critiche: è davvero questo il modo giusto per affrontare il problema?
Valditara parla di un “intervento improcrastinabile”, giustificato dagli “effetti negativi ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica”. In effetti, numerosi studi hanno messo in luce il legame tra l’uso eccessivo degli smartphone e cali di attenzione, peggioramento del rendimento scolastico, aumento dell’ansia e disturbi del sonno.
Tuttavia, vietare l’utilizzo degli smartphone in classe può sembrare un approccio troppo rigido, quasi punitivo. Non tutti gli studenti usano il cellulare per distrarsi: alcuni lo sfruttano come strumento di studio, per cercare informazioni, tradurre testi, accedere a materiali didattici. Bandirlo in modo assoluto rischia di mandare un messaggio sbagliato: lo smartphone è un nemico, e non un mezzo da imparare a gestire.
Forse è proprio qui il nodo centrale della questione: educare, piuttosto che proibire. In un mondo in cui la tecnologia penetra ogni aspetto della vita quotidiana e lavorativa, non sarebbe più utile insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali? Imparare a staccarsi dallo schermo, a concentrarsi, a distinguere tra tempo utile e tempo perso, è una competenza fondamentale tanto quanto la grammatica o la matematica.
Inoltre, c’è da chiedersi quanto il divieto sarà davvero applicabile e quanto sarà efficace. Chi controllerà? Con quali sanzioni? Non si rischia di creare solo tensione tra docenti e studenti, senza risolvere il problema alla radice?
Il provvedimento annunciato dal ministro Valditara ha il merito di rimettere al centro il valore del tempo scolastico e l’urgenza di affrontare la questione del digitale tra i giovani. Tuttavia, un vero cambiamento culturale richiede più di un semplice divieto: serve un’educazione digitale integrata, una collaborazione tra scuola e famiglia, e una riflessione collettiva su che tipo di cittadini vogliamo formare.
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