Attualità
Numerose condanne per gli scontri a Roma durante la manifestazione a favore della Palestina. Meloni: “Violenza inaccettabile”.

La premier Giorgia Meloni parla di “assurda violenza” per gli incidenti sullo sfondo della manifestazione pro-Palestina a Roma. Questo evento segna la prima volta che, nonostante un divieto di dimostrazione, emergono problemi di ordine pubblico in tali contesti.
Incidenti e Scontri
Coro di condanne è emerso dalla scena politica dopo gli incidenti avvenuti al termine del raduno a favore della popolazione palestinese e libanese. Il presidio iniziale a piazzale Ostiense ha visto la partecipazione di circa 10.000 persone, ma le trattative per un corteo si sono rivelate infruttuose. In seguito, un gruppo di giovani manifestanti ha impattato con le forze dell’ordine, scatenando una mezz’ora di scontri caratterizzati da lanci di oggetti e lacrimogeni sul campo.
Il bilancio degli scontri è stato pesante: 30 agenti feriti e diversi manifestanti, tra cui una ragazza gravemente colpita, hanno dovuto fare ricorso a cure mediche. Tra i cinque giovani fermati, uno è stato arrestato mentre gli altri quattro sono stati denunciati. Inoltre, la Questura di Roma ha emesso quaranta fogli di via per altrettanti manifestanti che tentavano di raggiungere la capitale.
Reazioni e Provvedimenti
Il leader di governo Giorgia Meloni ha espresso solidarietà alle forze dell’ordine e ha condannato fermamente la violenza degli scontri. Meloni, in una dichiarazione ufficiale, ha definito “intollerabile” che agenti di polizia siano stati feriti durante una manifestazione. Ha ringraziato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e le forze dell’ordine, riconoscendone l’impegno per la sicurezza pubblica.
Il Ministero dell’Interno ha identificato la presenza di infiltrati tra le fila dei manifestanti. Tuttavia, coloro che partecipano abitualmente alle manifestazioni filopalestinesi indicano la costante partecipazione di giovani attivisti che hanno reagito ai divieti imposti. È significativo che, in un anno di proteste per la Palestina, non si fossero mai verificati incidenti di tale portata.
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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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