Attualità
Maestro di chitarra condannato a 4 anni di reclusione per aver convinto allieva 13enne a inviargli foto intime

I giudici di primo grado hanno condannato a quattro anni di reclusione un 30enne maestro di chitarra, accusato di pornografia minorile. L’imputato ha convinto una ragazzina di 13 anni, alla quale avrebbe dovuto insegnare musica, a inviargli foto intime.
La dinamica degli eventi
Il processo si è svolto con rito abbreviato e la sentenza è stata emessa dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo. La madre della ragazza, assistita dall’avvocato Fabio Clementi, si è costituita parte civile. Secondo quanto riportato da La Repubblica, l’adolescente aveva manifestato l’intenzione di imparare a suonare la chitarra, spingendo i genitori a contattare l’imputato.
Le indagini
Durante le indagini, gli inquirenti hanno ricostruito vari scambi di messaggi tra il maestro e l’allieva. L’uomo, dopo aver guadagnato la fiducia della giovane, l’avrebbe persuasa a scattarsi foto intime da inviargli. La situazione è venuta alla luce grazie ai sospetti della madre, che ha notato un comportamento anomalo nella figlia e ha denunciato l’accaduto. La condanna è quindi scaturita dalla gravità delle accuse di pornografia minorile a carico dell’istruttore.
Attualità
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Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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