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Cronaca

ROMA Si è costituito il pirata del GRA

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ROMA Si è costituito il pirata del GRA

ROMA Si è costituito il pirata del GRA: ecco di chi si tratta.

ROMA Si è costituito il pirata del GRA. Sabato 6 luglio era rimasto coinvolto nell’incidente della Smart rossa in cui aveva perso la vita un 25enne. La cui madre, nei giorni scorsi, aveva lanciato un accorato appello via web nei giorni scorsi: «Il mio angelo non c’è più, aiutatemi vi prego a fare chiarezza». Un invito subito raccolto dalla Stradale, che indicò una «Fiat Punto che subito dopo l’impatto si era fermata nella corsia centrale, per poi ripartire e fare perdere ogni traccia». La sequenza, registrata da una telecamera dell’Anas poste lungo il tragitto, è rimasta bene impressa nella mente di un amico della vittima, seduto accanto a lui sul lato del passeggero.

Lo schianto era avvenuto intorno alle 16, sulla carreggiata esterna, nei pressi dello svincolo per la via del Mare. La Smart si era ribaltata, non lasciando scampo al 25enne, sbalzato via dall’abitacolo. La svolta nelle indagini è arrivata dallo stesso conducente della Punto chiara, che, riconosciutosi nel ricercato, si è presentato spontaneamente negli uffici della Polstrada in via Magnasco, a Tor Sapienza. «Sono io l’uomo che state cercando». La magistratura ne sta vagliando la posizione e domani sarà ascoltato dal pm Vincenzo Barba. Intanto, il consulente tecnico incaricato delle perizie dal tribunale, ha iniziato a visionare la Punto, posta subito sotto sequestro: secondo il suo rapporto, l’auto presenterebbe delle tracce di abrasione su un lato della carrozzeria compatibili con una strisciata sulla vernice della Smart. Ciò però non basterebbe a spiegare una dinamica tanto violenta dell’incidente. L’ipotesi più probabile è che la vittima, spaventata dal contatto tra le due auto, per evitare l’urto avrebbe sterzato improvvisamente e velocemente fino a capottare.

Il pirata potrebbe essere dunque iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio stradale e di omissione di soccorso. Un atto dovuto, per permettere anche ai suoi periti di fiducia di prendere parte alle indagini tecniche. E c’è attesa anche per i risultati delle analisi del sangue richiesti in sede di autopsia sul corpo del venticinquenne. I cui funerali «a colori» si sono svolti giovedì scorso. Su richiesta dei genitori, nessuno dei partecipanti si è vestito di nero, «perché a S. non piaceva e lui era allegro». Proprio loro, spiega il loro legale, l’avvocato Antonio Ferrara “chiedono che su questa vicenda venga fatta quanto prima chiarezza».

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”La verità che nessuno vuole accettare”: in carcere esce il libro di Gabriele Bianchi sull’omicidio di Willy Monteiro Duarte

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”La verità che nessuno vuole accettare”: in carcere esce il libro di Gabriele Bianchi sull’omicidio di Willy Monteiro Duarte

Dal carcere di Rebibbia arriva una pubblicazione che riapre ferite ancora vive nell’opinione pubblica: Gabriele Bianchi, uno dei protagonisti del brutale pestaggio che nel settembre del 2020 costò la vita a Willy Monteiro Duarte, ha scritto un libro in cui si proclama innocente e vittima di un sistema che, a suo dire, lo avrebbe condannato prima ancora del verdetto giudiziario.

Il volume, intitolato “La verità che nessuno vuole accettare”, è stato scritto nella cella in cui il 30enne di Alatri sta scontando una condanna definitiva a 28 anni di carcere. Nelle pagine del libro, Bianchi si dice bersaglio di un “processo mediatico già scritto” e sostiene che pochi attimi possono distruggere una vita, portando anche chi è innocente “all’inferno, senza aver peccato”.

La notte tra il 5 e il 6 settembre 2020, Willy Monteiro Duarte fu picchiato a morte a Colleferro mentre tentava di difendere un amico da un’aggressione. La giustizia ha stabilito, in maniera definitiva, le responsabilità dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, con il primo condannato all’ergastolo e il secondo, appunto, a 28 anni. I giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma hanno accolto parzialmente le richieste della Cassazione, riconoscendo le attenuanti a Gabriele ma rivedendo la pena in aumento rispetto al precedente appello, che gliene aveva inflitti 24. Oltre a loro, sono stati condannati anche Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, ritenuti complici nel delitto, rispettivamente a 23 e 21 anni di reclusione.

Nel libro, Bianchi ripercorre la sua versione dei fatti e prova a restituire un’immagine diversa di sé: “Non sono un mostro, non ho ucciso nessuno”, ribadisce con fermezza. Parla della sua vita sconvolta, di affetti perduti e sogni infranti, ma anche del conforto ritrovato nello sguardo del figlio durante i colloqui in carcere come simbolo, per lui, di un desiderio di rinascita.

Tuttavia, il racconto autobiografico si scontra con una realtà giudiziaria ben diversa: oltre alle condanne, entrambi i fratelli sono stati protagonisti di episodi controversi in carcere: Gabriele, stando a una testimonianza interna, avrebbe ostentato atteggiamenti di prepotenza affermando “Io sono il re, voi gli schiavi”. Marco, invece, risulta coinvolto in un’indagine che lo vede tra i detenuti sorpresi a usare illegalmente telefoni cellulari nella struttura di Pescara.

La pubblicazione del libro solleva interrogativi sul diritto di esprimersi anche da parte di chi è stato riconosciuto colpevole in via definitiva per reati gravissimi. È giusto dare voce a chi si professa innocente, pur avendo ricevuto una condanna severa da parte della giustizia? Oppure si rischia di legittimare una narrazione che può ferire ulteriormente i familiari della vittima e confondere l’opinione pubblica?

Quello che è certo è che, a quasi cinque anni dall’omicidio di Willy Monteiro Duarte, il dolore per una morte assurda e ingiusta è ancora molto presente nella coscienza collettiva, e mentre Gabriele Bianchi tenta di riscrivere la sua verità, resta scolpita nella memoria una realtà ben più concreta: quella di un ragazzo generoso che ha perso la vita nel tentativo di difendere un amico e di una comunità intera che continua a chiedere giustizia e rispetto.

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Cronaca

Un altro incendio a Ostia. Stavolta è il Faber Beach. Da accertare le cause dell’incendio

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Un altro incendio a Ostia. Stavolta è il Faber Beach. Da accertare le cause dell’incendio

Ancora un rogo agli stabilimenti di Ostia. Stavolta è il famoso Faber Beach ad essere danneggiato per cause ancora da accertare. Infatti ieri sera intorno alle nove di sera, la sala operativa del Comando di Roma ha inviato a Ostia in Lungomare Paolo Toscanelli le squadre dei Vigili del fuoco di Ostia e dell’Eur con al seguito tre Autobotti, il Carro Autoprotettori ed il Capo Turno Provinciale per cercare un grande incendio un incendio che ha colpito tutto l’impianto balneare ormai generalizzato all’interno dello Stabilimento Faber Village Beach. Le operazioni di spegnimento sono durate tutta la notte dato che l’incendio aveva coinvolto tutta la struttura. Sul posto la Polizia e i Carabinieri, non ci sono stati feriti ma rimangono i dubbi su come sia potuto accadere.

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