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Idraulico a Roma. Quando rivolgersi a un bravo esperto pagando il giusto e risolvendo il problema

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Idraulico a Roma. Quando rivolgersi a un bravo esperto pagando il giusto e risolvendo il problema

Idraulico a Roma, quando rivolgersi a un bravo esperto

Idraulico a Roma quante volte lo abbiamo cercato invano? Molto spesso le persone tendono a trascurare i problemi idraulici, ignorando la loro importanza e sottovalutando quanto potrebbero, in realtà, diventare grandi e costosi. Certo, in questi casi si potrebbe optare anche per la soluzione “fai da te” ma questo porta raramente a risolvere il problema.

In alcuni casi, infatti, è necessario rivolgersi ad un idraulico, ma cercare un professionista per molti è un’impresa che non si vuole affrontare. Oggigiorno, però, grazie a società di pronto intervento che forniscono assistenza a tutte le ore ogni giorno dell’anno, trovare un idraulico a Roma o in moltissime altre città e risolvere definitivamente un guasto ed evitare che possa degenerare in qualcosa di più grave o di irreparabile è molto più semplice.

Alcuni dei problemi più comuni risolvibili da un idraulico a Roma

Idraulico a Roma

I motivi che possono spingere una persona a chiamare un idraulico a Roma sono davvero tantissimi, come ad esempio:

  • Perdite dai rubinetti: i rubinetti gocciolanti sono molto fastidiosi per via del loro rumore, ma non è questo l’unico problema, poiché una perdita si traduce in un aumento di consumi e bollette più salate;
  • Tubi gocciolanti: un altro problema molto frequente sono le perdite dalle tubature, in particolare lungo le giunture dei tubi. Ciò causa muffa e umidità, oltre ad aumenti in bolletta. Per rilevare delle perdite, in questo caso, è necessario osservare sul pavimento o sul soffitto eventuali segni di umidità;
  • Diminuzione della pressione: i sistemi idraulici moderni sono realizzati per garantire una pressione ottimale. Tuttavia, ci si potrebbe accorgere di improvvise diminuzioni della pressione, ciò potrebbe essere dovuto a una perdita nascosta;
  • Scarico lento o intasato: questo problema può essere originato da diverse cause, come i detriti, i capelli, foglie, ecc. C’è anche chi butta negli scarichi l’olio esausto, che accumulandosi crea una sorta di tappo. Tuttavia, lo scarico può intasarsi anche per problemi che non dipendono da un utilizzo sbagliato, come un tubo rotto, oppure un’istallazione sbagliata del tubo di scarico;
  • Assenza di acqua calda: se improvvisamente ci si ritrova con l’acqua fredda, senza la possibilità di attivare quella calda, il problema risiede quasi sicuramente nello scaldabagno o nella caldaia. In questo caso, l’intervento del professionista può essere duplice, o di riparazione dell’elemento rotto o non funzionante o di sostituzione con l’installazione di un modello più nuovo ed efficiente;
  • Scaldabagno rumoroso: se si possiede uno scaldabagno invece della caldaia, bisogna prestare attenzione al rumore. Infatti, se è troppo rumoroso, potrebbe esserci un malfunzionamento, e ci si potrebbe ritrovare senza acqua calda da un momento all’altro.

L’importanza della prevenzione

In alcuni casi, per evitare di dover chiamare l’idraulico a Roma, è necessario prestare attenzione alla manutenzione. Così come per gli altri strumenti, infatti, anche tubi, rubinetti, scaldabagni ecc. necessitano di una manutenzione costante. Ad esempio, per i rubinetti è necessario procedere alla pulizia dei filtri con una certa regolarità, così come per la sostituzione delle guarnizioni. Per le tubature, invece, è consigliabile non lavare nel lavandino piatti con residui di cibo di medie dimensioni poiché potrebbero intasare lo scarico. Per quanto concerne le caldaie, la manutenzione ordinaria da parte di un professionista è obbligatoria per legge ed è fondamentale per assicurare sicurezza ai proprietari e una vita più lunga all’apparecchio.

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Femminicidi e scuola: un appello all’educazione affettiva

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Femminicidi e scuola: un appello all’educazione affettiva

Di fronte all’ennesimo femminicidio, la reazione è spesso la stessa: sconcerto, rabbia, dolore. Poi, troppo spesso, il silenzio. Un silenzio che dura fino alla prossima tragedia, in un ciclo che sembra destinato a ripetersi. Ma la verità è che ogni femminicidio non inizia con un colpo, inizia molto prima, nei gesti piccoli ormai normalizzati e nei ruoli imposti.

La scuola è il primo spazio pubblico in cui i bambini imparano a vivere con gli altri: è il luogo dove si formano le idee, si costruiscono le identità, si assimilano i modelli sociali.. parlare di femminicidio a scuola non significa portare dentro le aule la cronaca nera, ma riconoscere che la violenza di genere è un fatto culturale, prima ancora che criminale.

Serve un’educazione affettiva che aiuti i ragazzi a interrogarsi su cosa significhi amare, rispettare, comunicare e gestire il conflitto. Serve un’educazione emotiva che insegni a nominare le emozioni, riconoscerle, non reprimerle né trasformarle in rabbia.

Eppure, in Italia, l’educazione sessuale e affettiva non è obbligatoria. Viene spesso ostacolata, ridotta a interventi occasionali, lasciata alla buona volontà di singoli docenti o associazioni; come se parlare d’amore, di rispetto, di corpo e consenso fosse un tabù più pericoloso della violenza che esplode quando quei temi vengono ignorati.

La scuola ha il dovere di preparare cittadini, non solo studenti. E in una società in cui le disuguaglianze e la violenza di genere sono ancora profondamente radicate, non si può più considerare opzionale l’educazione al rispetto e alla parità. Non basta conoscere Dante o la matematica, se poi non si è in grado di costruire relazioni sane, di accettare un no, di riconoscere la libertà dell’altro come inviolabile.

Il cambiamento culturale non sarà immediato., ma può cominciare in una classe, da una domanda, da una discussione, da un dubbio piantato nella mente di un ragazzo o una ragazza, può cominciare quando smettiamo di pensare che “certe cose” non si dicano ai giovani, e iniziamo invece a fidarci della loro intelligenza e sensibilità.

Se vogliamo davvero fermare i femminicidi, dobbiamo smettere di parlarne solo dopo e cominciare a parlarne prima. Dove si cresce, dove si impara a diventare adulti e dove si può ancora cambiare.

 

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Svolta in Sicilia sull’aborto: un passo storico per i diritti delle donne

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Svolta in Sicilia sull’aborto: un passo storico per i diritti delle donne

Una regione che per anni è stata simbolo delle difficoltà più estreme nell’applicazione della Legge 194/1978, quella che garantisce il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, ha appena compiuto un passo importante: l’’approvazione dell’articolo 3 del disegno di legge regionale n.738 segna un cambio di rotta netto, profondo, storico. D’ ora in poi, tutte le aziende sanitarie siciliane dovranno garantire spazi dedicati all’IVG e, cosa ancora più significativa, i bandi pubblici per il personale sanitario potranno includere il vincolo di non essere obiettori di coscienza.

Sembra banale, ma non lo è. Secondo il Ministero della Salute, nel 2022 il 60,5% dei ginecologi italiani si dichiarava obiettore, mentre in alcune strutture meridionali si toccavano punte del 90%.

Il problema che pochi si pongono é che mentre il medico si rifiuta, il diritto resta sulla carta.

A chi serve una legge che non può essere applicata?

Questa norma non impone, non forza nessuno a cambiare idea, ma mette al centro una verità che troppo spesso viene dimenticata: la decisione ultima spetta alla donna, non allo Stato, non al medico, non alla morale pubblica. Alla donna.

Guardando da Roma questa svolta siciliana, viene spontaneo chiedersi: e noi?

La Capitale d’Italia, che dovrebbe essere faro di diritti e di accesso alla sanità pubblica, presenta ancora oggi un contesto discontinuo: a Roma l’IVG è garantita in alcuni ospedali, ma i tempi d’attesa sono spesso incompatibili con l’urgenza della decisione, e molte donne finiscono col rivolgersi altrove o al privato.

E allora ben venga la Sicilia, se serve a ricordarci che la libertà di scelta non è un privilegio, ma un diritto e che l’obiezione di coscienza, se diventa regola e non eccezione, è un abuso.

Dietro ogni aborto c’è una storia che non ci riguarda, che non possiamo giudicare e che non ci appartiene.

Roma, città eterna, città delle battaglie civili, ha il dovere di vigilare, di pretendere che in ogni struttura sanitaria il diritto all’aborto sia garantito, non solo formalmente, ma concretamente. Perché quando si parla di IVG, ogni ostacolo, ogni ritardo, ogni silenzio è un fallimento dello Stato.

Il diritto di abortire non è un favore concesso, è una conquista civile, è la libertà di decidere sul proprio corpo, sulla propria vita e sul proprio futuro.
Una donna che sceglie di non diventare madre non è meno donna, né meno degna di rispetto.

Oggi è la Sicilia a dirci che si può cambiare, ora tocca a noi.

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