Cronaca
Luca Valdiserri, il papà del 18enne investito: “Non fatelo morire invano”
Luca Valdisseri, l’appello per evitare che tragedie come quella del figlio abbiano a ripetersi

Per Luca Valdiserri suo figlio Francesco era un “ragazzo puro“. Così lo descrive in una lettera che l’uomo ha scritto sulle colonne de Il Corriere della Sera. Un ricordo toccante e commovente, in cui non entra neanche per un istante la 23enne che lo ha investito. “Chi lo ha definito così, è entrato dritto nel suo cuore“, scrive l’uomo sulla purezza del figlio. Con il quale, aggiunge, era impossibile litigare: “Quelle poche volte è stato perchè io facevo il cinico, mentre lui difendeva i più deboli“. Un ragazzo buono dunque e sognatore: “Aveva la forza del sogno, che io avevo perduto da tempo“.
LUCA VALDISERRI, L’APPELLO AI RAGAZZI
Ma soprattutto uno che non si fermava davanti a niente per portare avanti le proprie idee: “Le difendeva con totale convinzione, con la tenacia che è solo dei ragazzi“. Ed è proprio a questi ultimi, agli amici di ‘Fra’ ma non solo, che rivolge un appello accorato: “Vi dico solo due cose. Non perdete mai questa forza e, se avete bevuto troppo, non guidate. Certo, non vi salverà al 100%, come noi abbiamo imparato nel più crudele dei modi. Ma, se dovesse accadere qualcosa di terribile, almeno non vivrete col rimorso di essere stati voi a provocarlo“.
LUCA VALDISERRI: “INSIEME POSSIAMO FARCELA”
Poi, dopo i ringraziamenti (“a partire da chi mi ha assistito quella notte“), invita a non disperdere la memoria del figlio. “Cercatelo nell’aria, nella musica, dentro di voi nel ricordo che ne avete. Gli avete voluto bene, come lui ne ha voluto a voi“. E conclude con un nuovo appello: “Se anche uno solo che legge non si metterà alla guida dopo aver bevuto, allora il nostro dolore sarà meno inutile. Se chi di dovere metterà in atto le misure per evitare simili tragedie, allora Fra non sarà morto invano. Da soli siamo perduti, mentre tutti insieme possiamo farcela“.
Cronaca
Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.
Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.
Cronaca
Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.
Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.
Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.
Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?
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