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Epstein aveva video hard di Donald Trump, Bill Clinton e del principe Andrea : la rivelazione dalle carte desecretate

Epstein aveva video hard di Donald Trump, Bill Clinton e del principe Andrea : la rivelazione dalle carte desecretate

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“Jeffrey Epstein aveva video hard di Donald Trump, Bill Clinton e del principe Andrea”: la rivelazione dalle carte desecretate

Epstein aveva video hard di Donald Trump, Bill Clinton e del principe Andrea : la rivelazione dalle carte desecretate

Una recente rivelazione di documenti desecretati ha portato alla luce il fatto che Jeffrey Epstein, il finanziere condannato per abusi sessuali e traffico di minori, possedeva video di “rapporti sessuali” tra una donna e personalità di spicco come Donald Trump, Bill Clinton, il principe Andrea e il magnate britannico Richard Branson come riporta Il Fatto Quotidiano.

Questa clamorosa notizia è emersa da una serie di email del 2016 in cui Sarah Ransome, una delle accuse principali nel processo contro Epstein, si riferiva a una donna rimasta anonima. Epstein si è suicidato in cella a New York nel 2019 mentre attendeva un processo per traffico sessuale di minorenni.

In particolare, Ransome ha rivelato in una email che la donna le aveva confidato dettagli su una relazione con Donald Trump, sottolineando come l’ex presidente sembrasse avere un debole per lei. Inoltre, la donna avrebbe affermato di possedere copie delle registrazioni a luci rosse fatte da Epstein all’insaputa di alcuni vip, tra cui Trump, Clinton e il fratello di re Carlo.

Questi documenti fanno parte di una causa per diffamazione ormai risolta, in cui Virginia Giuffre, accusatrice di Epstein, ha intentato una causa nel 2015 contro la sua fidanzata Ghislaine Maxwell, accusata di reclutare le ragazzine per Epstein. I messaggi sono stati resi pubblici mentre gli avvocati di Maxwell cercavano di minare la credibilità di Sarah Ransome.

Se le affermazioni fossero fondate, confermerebbero quanto emerso da una precedente tranche di documenti in cui si parlava degli obiettivi reali del traffico di adolescenti orchestrato da Epstein: offrire minorenni a “numerosi eminenti politici americani, potenti dirigenti aziendali, presidenti stranieri, un noto primo ministro e altri leader mondiali” allo scopo di “ingraziarseli” per la sua attività finanziaria ma anche per ottenere potenziali informazioni ricattatorie.

Queste informazioni sarebbero ottenute attraverso i dettagli degli incontri sessuali delle adolescenti, secondo quanto riportato da Ransome.

L’ultimo scandalo di Jeffrey Epstein coinvolge personaggi di spicco come Donald Trump, Bill Clinton e il principe Andrea. La vicenda rischia di creare un’ulteriore controversia per l’immagine di Trump in prossimità delle primarie repubblicane, nonostante il tycoon sia sempre riuscito a superare indenne gli scandali sessuali.

I nuovi 17 documenti diffusi, per un totale di 327 pagine, si aggiungono alla valanga di informazioni emerse negli ultimi giorni sulla rete di ricchi e potenti di Epstein. Tra di loro compare il principe Andrea, che avrebbe trascorso settimane nella villa di Epstein a Palm Beach, in Florida, dove avrebbe ricevuto massaggi “quotidiani”. Inoltre, una ragazza, identificata come Jane Doe 3, ha accusato il Duca di York di aver preso parte a un’orgia con ragazze minorenni durante uno dei suoi soggiorni sull’isola privata di Epstein nei Caraibi.

 

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L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

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L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

L’8 e il 9 giugno milioni di cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su due referendum abrogativi, che toccano temi centrali come il lavoro e l’immigrazione, e come troppo spesso accade, milioni di persone non ci andranno: rimarranno a casa per disillusione, per indifferenza, perché “tanto non cambia nulla”.

È una rinuncia, non solo a un diritto, ma a una possibilità concreta di contare, di orientare scelte che riguardano il lavoro e le politiche migratorie. Si vota per dire sì o no a norme che regolano direttamente i diritti dei lavoratori e le politiche migratorie.

Non partecipare a questo processo è un errore e, in parte, una colpa. Perché chi non vota, lascia agli altri la responsabilità di decidere. Ogni voto perso è un pezzo di democrazia lasciato indietro, un’occasione che si spegne.

In Italia siamo spesso bravi a lamentarci, a denunciare l’incoerenza dei partiti, l’inutilità delle istituzioni, la distanza della politica. Ma poi, quando c’è l’occasione per fare la propria parte, si resta indietro, si sceglie il silenzio.

Votare non è un atto eroico, non risolve tutto, non cambia il mondo da un giorno all’altro, ma è un segnale di partecipazione. C’è chi ha lottato, chi ha marciato, chi ha sfidato regimi, censure e repressioni per ottenerlo. In Italia, fino al 1946 le donne non potevano votare, è passato meno di un secolo, e prima ancora milioni di italiani – poveri, analfabeti, lavoratori – erano esclusi dalle urne per legge.
Il suffragio universale è una conquista recente ed è costato sacrifici e battaglie civili. E oggi, non partecipare al voto con indifferenza significa anche mancare di rispetto a quella memoria, a chi ha aperto la strada per farci contare e per farci scegliere.

Chi ha perso il diritto al voto, nella storia, sa quanto vale.
Noi lo diamo per scontato, e invece oggi, più che mai, va difeso.

L’8 e il 9 giugno si vota. Non è uno slogan, è un invito, ma anche qualcosa di più: una responsabilità personale e collettiva. Chi se ne tira fuori, poi, non potrà dire che la politica non lo rappresenta, perché ha scelto di non esserci.

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Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

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Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

Una decisione che fa discutere in tempi in cui la sensibilità collettiva verso le questioni di genere è (giustamente) in aumento, la rimozione di una statua raffigurante una Venere nuda a Berlino ha acceso un dibattito infuocato: l’opera, che riprendeva la tradizione classica della nudità femminile, è stata tolta dallo spazio pubblico con l’accusa di essere sessista.

La nudità nell’arte non è pornografia, né oggettificazione del corpo, ridurre ogni rappresentazione del nudo a una questione di “sessismo” è non solo limitato, ma pericolosamente superficiale.

Quando un’opera viene censurata non perché offende, ma perché potrebbe essere interpretata in modo offensivo, entriamo in un terreno dove il contesto, la storia e l’intenzione artistica vengono messi da parte in favore di una morale istantanea e poco riflessiva.

L’arte, per sua natura, non è sempre comoda né rassicurante: provoca, interroga, a volte disturba. Chiedere all’arte di conformarsi a uno standard etico e morale “sicuro” rischia di svuotarla di senso.

Infine, paradossalmente, è proprio questo tipo di censura che rischia di oggettificare la donna: non l’immagine in sé, ma l’idea che una figura femminile nuda non possa esistere nello spazio pubblico senza essere letta come offesa o strumento di dominio. Una donna nuda, in arte, non è automaticamente una vittima: può essere una dea, una madre, o semplicemente un simbolo estetico. Trattarla come un tabù è togliere complessità, non aggiungerla.

La battaglia per l’uguaglianza di genere è sacrosanta, ma confondere le immagini con le intenzioni è una forma di semplificazione che impoverisce tutti.

Rimuovere la statua della Venere a Berlino non è un passo avanti per le donne, ma un passo indietro per la cultura.

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