Mondo
Sottomarino con 800 chilogrammi di cocaina sequestrato dalla Marina
Incredibile sequestro di cocaina avvenuto domenica scorsa grazie a una motovedetta della Guardia Costiera che ha intercettato un’imbarcazione

La Marina colombiana ha effettuato il sequestro di un sottomarino contenente una quantità di cocaina dal valore stimato di 27 milioni di dollari, pari a circa 25 milioni di euro. L’incidente è avvenuto domenica scorsa nella baia di Malaga, quando una motovedetta della Guardia Costiera ha intercettato un’imbarcazione fai-da-te lunga quasi 15 metri.
All’interno del sottomarino, fatto in modo artigianale, sono stati rinvenuti 800 chilogrammi di cocaina, equivalenti a circa 2 milioni di dosi, confezionati in pacchetti simili a mattoni e contrassegnati da bandiere messicane o simboli di scorpioni. Gli investigatori ritengono che il carico fosse destinato probabilmente all’America centrale per poi, forse, arrivare anche in Europa.
Il capitano Wilmer Roa, portavoce della Marina colombiana, ha dichiarato ai media che il sottomarino semisommergibile era equipaggiato con un team di tre uomini, tutti fermati durante l’operazione.
Nonostante la rilevanza dell’evento, il capitano Roa ha sottolineato che si tratta di un sequestro di dimensioni relativamente contenute, affermando: “Abbiamo sequestrato sottomarini con quasi 3.500 chili di sostanza psicoattiva”. Questo episodio rappresenta il primo sequestro del 2024, mentre nell’anno precedente la Marina colombiana ha intercettato ben 10 narco-sottomarini.
La Colombia e il problema della Cocaina
I narcotrafficanti utilizzano spesso motoscafi come base per costruire tali sottomarini adattati, in grado di viaggiare appena al di sotto della superficie del mare. Roa ha evidenziato il pericolo associato a questi mezzi, sottolineando che alcune persone perdono la vita a causa di guasti meccanici o di condotti troppo angusti per consentire il passaggio dell’aria.
Negli ultimi anni, il governo colombiano ha affrontato sfide significative nel tentativo di limitare la produzione di cocaina, che è principalmente destinata ai mercati nordamericani ed europei. Le bande di narcotrafficanti hanno occupato territori precedentemente controllati dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), dopo l’accordo di pace del 2016. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per la Droga e il Crimine, nel 2022 l’area coltivata a coca in Colombia ha raggiunto un massimo storico di 230.000 ettari, con una produzione potenziale di cocaina aumentata del 24% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 1.700 tonnellate. Fonte
Attualità
L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

L’8 e il 9 giugno milioni di cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su due referendum abrogativi, che toccano temi centrali come il lavoro e l’immigrazione, e come troppo spesso accade, milioni di persone non ci andranno: rimarranno a casa per disillusione, per indifferenza, perché “tanto non cambia nulla”.
È una rinuncia, non solo a un diritto, ma a una possibilità concreta di contare, di orientare scelte che riguardano il lavoro e le politiche migratorie. Si vota per dire sì o no a norme che regolano direttamente i diritti dei lavoratori e le politiche migratorie.
Non partecipare a questo processo è un errore e, in parte, una colpa. Perché chi non vota, lascia agli altri la responsabilità di decidere. Ogni voto perso è un pezzo di democrazia lasciato indietro, un’occasione che si spegne.
In Italia siamo spesso bravi a lamentarci, a denunciare l’incoerenza dei partiti, l’inutilità delle istituzioni, la distanza della politica. Ma poi, quando c’è l’occasione per fare la propria parte, si resta indietro, si sceglie il silenzio.
Votare non è un atto eroico, non risolve tutto, non cambia il mondo da un giorno all’altro, ma è un segnale di partecipazione. C’è chi ha lottato, chi ha marciato, chi ha sfidato regimi, censure e repressioni per ottenerlo. In Italia, fino al 1946 le donne non potevano votare, è passato meno di un secolo, e prima ancora milioni di italiani – poveri, analfabeti, lavoratori – erano esclusi dalle urne per legge.
Il suffragio universale è una conquista recente ed è costato sacrifici e battaglie civili. E oggi, non partecipare al voto con indifferenza significa anche mancare di rispetto a quella memoria, a chi ha aperto la strada per farci contare e per farci scegliere.
Chi ha perso il diritto al voto, nella storia, sa quanto vale.
Noi lo diamo per scontato, e invece oggi, più che mai, va difeso.
L’8 e il 9 giugno si vota. Non è uno slogan, è un invito, ma anche qualcosa di più: una responsabilità personale e collettiva. Chi se ne tira fuori, poi, non potrà dire che la politica non lo rappresenta, perché ha scelto di non esserci.
Attualità
Statua Venere a Berlino rimossa per sessismo: arte sotto attacco o censura culturale?

Una decisione che fa discutere in tempi in cui la sensibilità collettiva verso le questioni di genere è (giustamente) in aumento, la rimozione di una statua raffigurante una Venere nuda a Berlino ha acceso un dibattito infuocato: l’opera, che riprendeva la tradizione classica della nudità femminile, è stata tolta dallo spazio pubblico con l’accusa di essere sessista.
La nudità nell’arte non è pornografia, né oggettificazione del corpo, ridurre ogni rappresentazione del nudo a una questione di “sessismo” è non solo limitato, ma pericolosamente superficiale.
Quando un’opera viene censurata non perché offende, ma perché potrebbe essere interpretata in modo offensivo, entriamo in un terreno dove il contesto, la storia e l’intenzione artistica vengono messi da parte in favore di una morale istantanea e poco riflessiva.
L’arte, per sua natura, non è sempre comoda né rassicurante: provoca, interroga, a volte disturba. Chiedere all’arte di conformarsi a uno standard etico e morale “sicuro” rischia di svuotarla di senso.
Infine, paradossalmente, è proprio questo tipo di censura che rischia di oggettificare la donna: non l’immagine in sé, ma l’idea che una figura femminile nuda non possa esistere nello spazio pubblico senza essere letta come offesa o strumento di dominio. Una donna nuda, in arte, non è automaticamente una vittima: può essere una dea, una madre, o semplicemente un simbolo estetico. Trattarla come un tabù è togliere complessità, non aggiungerla.
La battaglia per l’uguaglianza di genere è sacrosanta, ma confondere le immagini con le intenzioni è una forma di semplificazione che impoverisce tutti.
Rimuovere la statua della Venere a Berlino non è un passo avanti per le donne, ma un passo indietro per la cultura.
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