Attualità
Contestato a Sapienza: “Urlano ‘Palestina libera’ e mi dicono ‘fascista’”

Parenzo ha raccontato che durante un suo discorso alcuni ragazzi appartenenti ai collettivi hanno interrotto l’aula impedendogli di parlare. Hanno urlato slogan come “Palestina libera” e lo hanno definito fascista e sionista. Questo ha causato un blocco all’interno dell’aula, impedendo a Parenzo di uscire e continuare il suo intervento.
La situazione è degenerata fino a causare un blocco fisico all’interno dell’aula, con i ragazzi che impedivano a Parenzo di muoversi e continuare a parlare. La tensione è salita, con urla e slogan che hanno reso impossibile qualsiasi tentativo di dialogo o compromesso.
Parenzo si è trovato costretto a interrompere il suo discorso a causa dell’intervento dei ragazzi dei collettivi, che non hanno permesso a lui di esprimere le sue opinioni. La situazione è stata descritta come un attacco alla democrazia, con la libertà di espressione messa in discussione da comportamenti aggressivi e violenti.
La vicenda ha sollevato molte polemiche e interrogativi sulla libertà di espressione e sul rispetto delle diverse opinioni all’interno dello spazio pubblico. La necessità di favorire il confronto civile e rispettoso tra tutte le posizioni è emersa come un tema cruciale da affrontare per preservare i valori democratici fondamentali della società.
Attualità
Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma
Attualità
La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.
È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.
Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.
Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.
Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.
In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.
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