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Trovato morto un trentenne in un garage a Talenti: aperta un’inchiesta.

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Trovato morto un trentenne in un garage a Talenti: aperta un’inchiesta.

Ritrovamento del Corpo

Gli investigatori indagano sulla morte di un trentenne trovato senza vita in un garage nella zona Talenti a Roma. Sul corpo non ci sono segni di violenza, si ipotizza un decesso per cause naturali.

Immagine di repertorio

La Scoperta del Corpo

Un uomo di trent’anni è stato trovato morto in una sala per registrare musica in piazza Giuseppe Primoli nella zona Talenti a Roma. L’episodio risale alla tarda mattinata di oggi, mercoledì 5 giugno. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era all’interno di un garage privato. A trovarlo sono stati gli amici, con i quali il trentenne si sarebbe dovuto incontrare per fare delle prove per registrare musica. Ancora da ricostruire la dinamica dell’accaduto, sebbene si ipotizza che si tratti di una morte naturale. La Procura della Repubblica di Roma ha aperto un’inchiesta per far luce sull’accaduto.

Nessun Segno di Violenza sul Cadavere

Ad occuparsi delle indagini sono gli agenti della Polizia di Stato, intervenuti sul posto a seguito della segnalazione. Sono giunti i poliziotti del III distretto Fidene Serpentara e la Scientifica. Dal primo esame esterno del cadavere, gli investigatori non hanno trovato alcun segno di violenza, il che fa pensare che ad uccidere il trentenne sia stato presumibilmente un malore improvviso, che non gli ha lasciato scampo.

Ipotesi di Morte Naturale, Indagini in Corso

L’ipotesi formulata al momento è che il decesso sia da ricondurre a cause naturali, ma non si esclude alcuna pista. Una volta terminate le verifiche sul posto, la salma è stata trasferita in obitorio, dove si trova a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, che valuterà se disporre l’autopsia. I risultati degli esami autoptici serviranno a chiarire le cause del decesso.

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

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Transfobia dopo il Pride: un’aggressione che svela l’altra faccia di Roma

Mentre le strade di Roma risuonavano ancora di musica, canti e slogan del Pride, un episodio vergognoso ha ricordato a tutti quanto sia ancora lunga la strada verso una reale inclusione: sabato 14 giugno, intorno alle 19:40, subito dopo la fine del Roma Pride, che ha visto la partecipazione di oltre 200.000 persone, una donna trans è stata aggredita nei pressi della stazione Laurentina della linea B della metropolitana.

Secondo quanto denunciato da Gay Help Line, la vittima è stata bersagliata da insulti transfobici e poi inseguita da un uomo. Le frasi urlate “Frocio!”, “Si vede che sei un uomo!” sono lo specchio di un odio che continua a diffondersi nella nostra società, anche quando i riflettori delle grandi manifestazioni si spengono. Fortunatamente, alcuni passanti sono intervenuti, permettendo alla donna di mettersi in salvo su un autobus.

Il servizio di supporto Gay Help Line, che ha ricevuto la segnalazione attraverso il numero verde 800 713 713, lancia ora un appello a chiunque fosse presente in quel momento alla fermata: servono testimonianze, immagini, qualunque elemento possa aiutare a identificare l’aggressore.

In una città che poche ore prima celebrava l’amore, la libertà e la diversità, è inaccettabile che un’aggressione del genere possa accadere in pieno giorno, in un luogo pubblico, tra l’indifferenza di molti.

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

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La bandiera della Palestina a Ponza: un gesto di solidarietà e la deriva dell’intolleranza

Nella notte tra l’1 e il 2 giugno, intorno alle 2:30, un gruppo di barcaioli dell’isola di Ponza è stato oggetto di minacce per un semplice gesto di solidarietà: aver esposto la bandiera della Palestina sulle loro imbarcazioni come simbolo di sostegno ad una popolazione in una delle più gravi crisi umanitarie del nostro tempo. Dopo aver infastidito il guardiano del porto, gli autori dell’intimidazione hanno strappato e rimosso con la forza la bandiera palestinese.

È un episodio che va oltre il fatto in sé, perchè tocca il nervo scoperto di un’Italia che troppo spesso confonde la solidarietà con la provocazione e che si mostra incapace di accettare gesti di umanità se non allineati con un certo sentire politico.

Esporre la bandiera della Palestina, in questo contesto, non equivale a prendere parte a un conflitto, perchè è un’affermazione di empatia per le vittime civili, per i bambini sotto le bombe, per le famiglie distrutte da decenni di violenza. Non significa negare il dolore degli israeliani, né tantomeno giustificare il terrorismo, ma riconoscere la sofferenza di un popolo dimenticato e condannato.

Ponza, isola aperta al mondo, costruita nei secoli sull’accoglienza e sul passaggio di genti diverse, non merita che certi gesti vengano accolti con violenza. Il gesto di quei barcaioli va rispettato, anche da chi non lo condivide, perché la democrazia è proprio questo: il diritto di manifestare un pensiero pacifico, anche scomodo, senza temere ritorsioni.

Chi ha strappato quella bandiera ha voluto togliere voce a una parte della coscienza collettiva, ma non potrà strappare il senso più profondo della solidarietà umana.

In un tempo in cui il silenzio complice è la norma, chi ha il coraggio di esporsi, anche solo con un simbolo, merita rispetto, non intimidazioni.

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