Attualità
Detenuto con disabilità e cirrosi epatica muore 25 giorni dopo il rifiuto dei domiciliari da parte del Tribunale.

Ingiustizia dietro le sbarre: Giuseppe Ruggieri muore a Rebibbia
Giuseppe Ruggieri, noto anche come ‘Peppe lo zoppo’, è deceduto nel carcere di Rebibbia a seguito di un malore improvviso. Nonostante le sue gravi condizioni di salute, il tribunale aveva respinto la sua richiesta di arresti domiciliari per motivi medici.
Un quadro clinico compromesso
Giuseppe Ruggieri, 66 anni, originario di Tivoli, presentava già un grave quadro clinico. Con una gamba amputata e affetto da cirrosi epatica, Ruggieri aveva chiesto più volte, attraverso i suoi legali, di poter scontare la pena agli arresti domiciliari, sostenendo che le sue condizioni di salute erano "incompatibili con il regime carcerario". Tuttavia, il tribunale ha ritenuto "congrue e idonee le cure al detenuto", negando la richiesta.
L’arresto per aggressione
L’arresto di Ruggieri era avvenuto con accuse pesanti: stalking, aggressione e lesioni. L’uomo aveva assalito l’ex compagna e il nuovo fidanzato con un taglierino, ferendo la donna al volto. Questo episodio aveva portato al suo immediato arresto e alla reclusione a Rebibbia.
Dubbi e richieste di chiarimento
Secondo l’avvocato Pietro Nicotera, legale della famiglia Ruggieri, l’ultima richiesta di domiciliari era stata respinta il 17 settembre, nonostante il peggioramento delle condizioni di salute del detenuto. “Il mio assistito era stato arrestato per un reato grave e questo nessuno può negarlo – ha dichiarato Nicotera – ma le sue condizioni cliniche erano serie e compromesse. Tuttavia la sua situazione è stata trattata con superficialità nonostante i ripetuti solleciti della famiglia e le istanze depositate in cui venivano chiesti gli arresti domiciliari." Inutili i tentativi di soccorso durati settanta minuti e il malore di venticinque giorni dopo ha avuto esiti fatali.
Attualità
A Roma, rete contro gli abusi sulle donne: dai rifugi ai centri per gli aggressori

RomaControLaViolenza: Scopri come una rete innovativa a Roma sta rivoluzionando la protezione delle donne vittime di abusi, con sorprese che potrebbero cambiare tutto!
Immaginate una città come Roma che si trasforma in un baluardo contro la violenza sulle donne: una rete di supporto che unisce case rifugio e centri per maltrattanti, offrendo non solo riparo, ma anche percorsi di cambiamento radicale. Questa iniziativa sta catturando l’attenzione di tutti, ponendo domande affascinanti su come la prevenzione e l’aiuto possano davvero fare la differenza in scenari quotidiani.
La rete di supporto in azione
In questa rete, le donne trovano più di un semplice rifugio; si tratta di un ecosistema che include programmi di counseling e attività comunitarie, stimolando curiosità su come queste misure stiano influenzando migliaia di vite. Ma c’è di più: i centri per maltrattanti non sono solo punitivi, bensì educativi, con approcci che potrebbero sorprendere, invitando a riflettere su cicli di violenza interrotti prima che sia troppo tardi.
I risultati che stanno facendo scalpore
Dati preliminari suggeriscono impatti positivi, con storie di rinascita che emergono da questa rete, lasciando tutti a chiedersi: e se Roma fosse solo l’inizio di una rivoluzione nazionale?
Attualità
Nel Lazio, 1,5 milioni di instabili mentali: proposta di legge per psicologi in ogni ASL

SaluteMentaleNelLazio Immagina se 1,5 milioni di persone nel Lazio stessero lottando in silenzio con disturbi mentali: scopri la proposta rivoluzionaria che potrebbe cambiare tutto!
Nel cuore del Lazio, un numero sconcertante di 1,5 milioni di individui affronta quotidianamente le sfide dei disturbi mentali, un dato che solleva interrogativi profondi sul benessere emotivo della comunità. Questa situazione, spesso sottovalutata, sta spingendo verso un dibattito acceso su come migliorare l’accesso a supporto professionale.
La sfida nascosta
Esperti e associazioni segnalano che questi disturbi, che vanno dall’ansia alla depressione, influenzano la vita quotidiana di migliaia di persone, rendendo urgente un intervento strutturato. “La salute mentale non è un lusso, ma un diritto”, come sottolineato da fonti autorevoli nel settore.La proposta che potrebbe fare la differenza
In risposta a questa emergenza, una proposta di legge mira a introdurre psicologi in ogni ASL del Lazio, offrendo un aiuto accessibile e tempestivo. Questa iniziativa, se approvata, rappresenterebbe un passo decisivo verso una società più attenta e inclusiva, suscitando curiosità su come potrebbe evolversi il panorama della cura mentale in Italia.
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