Cronaca
Una barista molestata a Roma, condanna a 8 mesi: «L’ha toccata per meno di 30 secondi»

Tutto è avvenuto in pochi istanti in un bar nel cuore di Roma, nella zona di piazza Fiume. Il proprietario del locale ha toccato una dipendente di 22 anni all’interno di uno spogliatoio. Per questo gesto, la sentenza è arrivata mercoledì scorso. I giudici della prima sezione penale del Tribunale di Roma hanno condannato Marco M., un uomo di 38 anni, a otto mesi di reclusione. Il pm aveva richiesto due anni e mezzo, ma il reato, inizialmente qualificato come violenza sessuale, è stato derubricato a violenza privata.
La vicenda
È il 16 giugno 2020, al suo secondo giorno di prova come cameriera e barista, Lucrezia (nome di fantasia) si trova nel bar quasi vuoto. Secondo la ricostruzione fornita in aula, la giovane è rimasta sola con il titolare per alcuni minuti mentre un altro dipendente si era allontanato per delle spese. Indossava la divisa d’ordinanza, composta da pantaloni neri, gilè, e camicetta bianca ben abbottonata. Le telecamere del locale riprendevano ogni angolo, tranne uno, il piccolo stanzino adibito a spogliatoio per i dipendenti, luogo dove sarebbe avvenuta la violenza. Il capo d’imputazione descrive un atto sessuale rapido da parte del titolare, consistito nel toccare il petto della giovane dopo averla invitata ad entrare nello spogliatoio, chiudendo parzialmente la porta per limitare la sua libertà di movimento. La ragazza è rimasta sconvolta dall’accaduto, e dopo l’episodio è uscita dallo stanzino cercando di risistemarsi la camicia.
Un atto veloce, durato un minuto e 39 secondi secondo l’accusa, mentre per la difesa il tempo è stato inferiore. La difesa dell’uomo sostiene che il contatto potrebbe essere stato accidentale, avvenuto in una piccola stanza mentre il titolare chiedeva alla giovane di indossare il papillon. La tesi difensiva non è stata sufficiente a evitare la condanna, ma il Tribunale ha derubricato il reato in violenza privata, emettendo una pena inferiore rispetto alla richiesta iniziale.
Cronaca
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L’atto vandalico che ha sconvolto l’Olimpico
Durante la finale di Coppa Italia tra Milan e Bologna, giocata mercoledì all’Olimpico, la curva Sud – cuore del tifo romanista – è stata presa d’assalto da sostenitori rossoneri. Migliaia di scritte offensive hanno coperto seggiolini e pareti, lasciando tutti a chiedersi fino a che punto arrivi la rivalità calcistica. Messaggi come “De Falchi vive” e “Romano infame, bruciamo la capitale” hanno trasformato un semplice evento sportivo in un’esplosione di tensione.
Le scritte che stanno facendo il giro del web
I tifosi milanisti non si sono limitati a qualche graffito isolato: centinaia di insulti, scritti con pennarelli, hanno invaso i bagni e le sedute della curva. Tra i più virali, frasi come “Romano infame, romano Digos”, che stanno generando un’onda di curiosità online. Ma cosa c’è dietro queste parole? È solo sfogo o un segnale di un conflitto più profondo che potrebbe esplodere di nuovo?Il tragico ricordo di Antonio De Falchi
Al centro delle provocazioni, emerge il nome di Antonio De Falchi, un tifoso romanista barbaramente ucciso nel 1989 durante un agguato dei milanisti vicino a San Siro. Le scritte nei bagni dell’Olimpico riprendono proprio questa storia, alimentando il mistero su come vecchie ferite possano riaffiorare in modo così drammatico. È incredibile pensare che un evento di 35 anni fa continui a influenzare il presente.
Le contromosse prima del prossimo scontro
In vista della partita Milan-Roma in programma domenica, le autorità del Coni si stanno muovendo in fretta per cancellare le tracce di questo caos. I seggiolini danneggiati saranno sostituiti, ma la domanda è: basterà a spegnere le fiamme della rabbia? Intanto, un tifoso romanista come l’avvocato Lorenzo Contucci si interroga: “Perché assegnare la curva Sud ai milanisti? L’astio tra Nord e Sud è antico, e non ci sono scuse per questi gesti”. Quali sorprese ci riserverà il prossimo match?
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