Cronaca
Vigile urbano di Roma condannato per stalking perde il lavoro, licenziamento considerato legittimo

Massimiliano G., istruttore della polizia locale di Roma Capitale, è stato condannato per stalking nei confronti della sua ex compagna, con conseguente licenziamento dall’amministrazione comunale. Secondo la Corte di Cassazione, chi «opera a presidio degli interessi dell’intera collettività» non può compiere tali atti, considerati «particolarmente riprovevoli». Il comportamento dell’imputato ha portato a «plurimi atti persecutori», causando alla vittima uno stato di ansia e preoccupazione.
PRIMO E SECONDO GRADO
Il dipendente aveva inizialmente impugnato il licenziamento, ottenendo ragione dal giudice del lavoro, che aveva escluso che lo stalking avesse ripercussioni sulla sua attività lavorativa. Tuttavia, la Corte d’appello, con sentenza del 18 marzo 2024, ha ritenuto che i reati commessi «lesivi del vincolo fiduciario» con il datore di lavoro siano infatti da considerarsi gravi, a causa della loro intrinseca antisocialità. Nonostante il vigile, assistito dall’avvocato Manfredo Piazza, non si sia arreso, la Corte d’appello ha confermato le gravi condotte.
I MOTIVI DELLA PRONUNCIA
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Massimiliano G., evidenziando l’«incidenza sul rapporto di lavoro» del suo comportamento. La giusta causa di recesso è stata ritenuta «plausibilmente fondata sull’intrinseca gravità delle condotte» e sulla loro «particolare riprovevolezza». La sentenza del 24 febbraio sottolinea che tali atti giustificano la rilevanza penale e mirano a prevenire conseguenze ancor più gravi, data «la specifica posizione lavorativa del ricorrente».
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