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Automobilista travolge turista su monopattino sulla Prenestina e scappa, vittima un 36enne

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Automobilista travolge turista su monopattino sulla Prenestina e scappa, vittima un 36enne

TragediaSullaStrada Che fine ha fatto l’autista che ha travolto un monopattino a Roma, lasciando un turista di 36 anni senza vita?

Immaginate una tranquilla serata sulla via Prenestina trasformata in un incubo: un’auto sfreccia impazzita, urta un monopattino e fugge via nella notte, lasciando dietro di sé solo dolore e domande senza risposta. L’incidente, avvenuto in una delle arterie più trafficate della capitale, ha sconvolto la comunità e sollevato interrogativi sulle norme di sicurezza stradale.

Le circostanze del dramma

Le indagini preliminarie rivelano che l’impatto è stato violento, con il monopattino che è stato letteralmente ‘travolto’ in pieno. Testimoni oculari parlano di un’auto che non si è fermata, alimentando rabbia e speculazioni su chi poteva essere al volante.

Una caccia all’autista in corso

Le autorità stanno setacciando la zona per rintracciare il responsabile, mentre la comunità si interroga su come prevenire simili tragedie. Quali segreti nasconde questa fuga disperata? La risposta potrebbe sorprendervi.

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Apple ancora aggrappata a quella vite dal primo iPod: 24 anni dopo, resta essenziale per la strategia globale dell’azienda

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Apple ancora aggrappata a quella vite dal primo iPod: 24 anni dopo, resta essenziale per la strategia globale dell’azienda

AppleMysteries Scopri come una semplice vite ha rivoluzionato il mondo di Apple, bloccando hacker e riparatori indipendenti in un segreto tecnologico durato anni!

Le viti pentalobular, o pentalobes, sono rimaste un mistero fin dal loro debutto nel 2001 con l’iPod, e ancora oggi le troviamo su iPhone, iPad, Mac e persino su dispositivi di altri marchi. Immagina: un piccolo componente che ha reso impossibile per chiunque, al di fuori di Apple e dei suoi fornitori, aprire e modificare i gadget più iconici del mondo. Gli esperti hanno dovuto ricorrere all’ingegneria inversa per fronteggiare questa barriera, rendendola un pilastro della strategia di riparazione dell’azienda, che protegge i suoi dispositivi da interventi non autorizzati.

Una vite che è molto più di una semplice vite

Il 23 ottobre 2001, Steve Jobs ha presentato al mondo il primo iPod, tirandolo fuori dalla tasca per fare l'”analogia di poter portare sempre con sé 1.000 canzoni”. Quel momento ha cambiato l’industria musicale, ma nascondeva un dettaglio intrigante: all’interno, una decina di viti pentalobulari fissavano il disco rigido da 1,8 pollici, prodotto da Toshiba. Queste viti, con la loro forma a stella composta da cinque lobi – diversa dalle comuni Torx a sei –, richiedevano cacciaviti speciali, non disponibili per il pubblico. Apple le ha adottate rapidamente, estendendole a iPhone e MacBook Pro dal 2009, proprio per scoraggiare riparazioni fai-da-te. Eppure, produttori come Huawei e Meizu le hanno imitate, alimentando un’evoluzione che oggi rende questi strumenti accessibili ovunque, grazie a leggi come quelle sull'”diritto alla riparazione” in Europa.

Viti che segnano la geopolitica di Apple

Ma c’è di più: queste viti non influenzano solo le riparazioni, bensì le strategie globali di produzione. Apple, con i suoi iPhone assemblati da pezzi di oltre 40 paesi, si affida a partner come Foxconn per avvitare a mano circa 74 viti per dispositivo – un processo manuale che rende la produzione in Asia più conveniente rispetto agli Stati Uniti. Secondo il Financial Times, assumere lavoratori per questi compiti ripetitivi è più redditizio che automatizzare con robot, un fattore cruciale nelle tensioni geopolitiche, come la guerra dei dazi di Trump. Così, mentre Apple valuta spostamenti in India, queste minuscole viti continuano a dettare mosse da miliardi, mescolando tecnologia e politica in un intreccio irresistibile.

Apple ancora aggrappata a quella vite dal primo iPod: 24 anni dopo, resta essenziale per la strategia globale dell’azienda

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Gli scienziati in ritardo scoprono una nuova pianta in un parco dopo mezzo secolo

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Gli scienziati in ritardo scoprono una nuova pianta in un parco dopo mezzo secolo

ScopertaSbalorditiva Hai mai immaginato che un minuscolo segreto peloso, nascosto tra le rocce di un parco nazionale, potesse ribaltare tutto ciò che sappiamo sulla natura? Proprio negli Stati Uniti, gli scienziati hanno svelato una pianta che non solo è una novità assoluta, ma ha anche dato vita a un intero genere nuovo, un evento che non accadeva da ben mezzo secolo!

Questa pianta, battezzata scientificamente Ovicula biradiata e nota come “diablillo lanudo” (diavoletto peloso), appartiene alla famiglia dei girasoli ma è così unica da meritare un posto tutto suo. Scoperta nel Parco Nazionale Big Bend, la sua esistenza è un promemoria affascinante di quanto la Terra abbia ancora da rivelare, con petali color granata e un fogliame bianco e vellutato che sembra uscito da un mondo incantato.

Una pianta misteriosa che ha eluso gli scienziati per decenni

Trovare il “diablillo lanudo” non è stato semplice: le sue dimensioni ridotte e la capacità di mimetizzarsi tra le rocce l’hanno reso un enigma per anni. Una volta individuata, però, ha rivelato tratti che fanno drizzare le antenne: i petali color granata che catturano lo sguardo e un fogliame bianco e peloso che ricorda il cotone, rendendola una vera star botanica.

Il nome latino Ovicula biradiata non è casuale – “Ovicula” evoca una piccola pecora per via del suo aspetto lanuginoso, mentre “biradiata” si riferisce ai suoi fiori con due raggi distintivi. Quello che rende questa scoperta così intrigante è che non si tratta solo di una nuova specie, ma di qualcosa di così diverso da richiedere un genere a sé nel mondo dei girasoli.

La caccia al tesoro che ha coinvolto istituzioni di livello mondiale

La scoperta è avvenuta grazie a una collaborazione straordinaria tra il Parco Nazionale Big Bend, la Sul Ross State University, il Centro CIDIIR di Durango e l’Accademia delle Scienze della California. Immaginate: per una pianta così piccola, un team del genere è come un detective show in piena regola, e non a caso è la prima volta in 50 anni che negli Stati Uniti si identifica un nuovo genere in un parco nazionale.

I primi indizi sono emersi all’inizio del 2024, grazie a una segnalazione da una volontaria su iNaturalist, che ha messo gli scienziati sulla pista giusta. Per trovare un precedente, bisogna tornare agli anni ’70 con la Dedeckera eurekensis nella Valle della Morte – una rarità che fa salire la curiosità a livelli stellari.

Perché questa pianta potrebbe cambiare tutto ciò che sappiamo

Nonostante le sue dimensioni modeste, il “diablillo lanudo” dimostra come certe piante sappiano adattarsi ai deserti aridi, crescendo su terreni rocciosi accanto a specie resistenti come l’ocotillo o la governadora. Ma c’è di più: serve da avvertimento sul cambiamento climatico, perché se le temperature salgono e le piogge diminuiscono, tesori come questo potrebbero sparire per sempre. E come tocco finale, alcuni esperti ipotizzano già proprietà medicinali grazie alle sue ghiandole con potenziale anti-infiammatorio – chissà quali altri segreti nasconde?

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