Cronaca
Monteverde, chiuso il ristorante etnico con 300 kg di roba scaduta e “utensili luridi”

Monteverde, chiuso ristorante etnico per gravi carenze igienico sanitarie: 300 kg di alimenti sequestrati dalla Polizia Locale
Le gravissime condizioni igienico – sanitarie riscontrate a seguito di ispezione, eseguita della Polizia Locale di Roma Capitale XII Gruppo Monteverde, in collaborazione con il personale Asl di zona e del Nucleo Nas dell’Arma dei Carabinieri, ha portato alla chiusura di un ristorante di cucina etnica nella zona di Monteverde.
Pessime le condizioni rilevate in tutti gli ambienti e nei locali cucina durante le verifiche, a partire dalla sporcizia diffusa, incrostazioni sulle attrezzature, sul piano cottura e sui muri, oltre a pentolame e utensili luridi.
Ovunque c’erano pietanze cotte e cibo crudo conservati in contenitori di fortuna ed a rischio contaminazione . Anche nei frigoriferi erano stipate derrate alimentari senza nessuna osservanza delle norme igieniche e di conservazione. Considerato il pericolo per la salute pubblica, gli agenti hanno posto sotto sequestro 300 chili di derrate alimentari in cattivo stato di conservazione, tra cui cibi tenuti tra rifiuti e sporcizia.
Durante l’intervento gli agenti hanno accertato, oltre alle violazioni di carattere amministrativo, anche violazioni di carattere penale quali, l’inosservanza delle indicazioni sul menù dell’utilizzo di prodotti surgelati e la mancanza di autorizzazione all’installazione di videocamere che riprendevano sia la clientela che i lavoratori, reati per cui il gestore dell’attività dovrà rispondere all’Autorità Giudiziaria.
Tale provvedimento di chiusura ha permesso di tutelare la salute dei numerosi avventori, tra cui gruppi di turisti, soliti frequentare il locale.
Attualità
Gesù rivisitato: provocazione artistica o cancellazione simbolica?

Non si tratta, come spesso viene sostenuto in questi casi, di razzismo o omofobia. Il talento di Erivo è fuori discussione, così come il diritto del teatro di sperimentare linguaggi nuovi. Tuttavia, è lecito porsi una domanda: perché modificare radicalmente l’identità di una figura simbolica universale come Gesù Cristo?La figura di Gesù – maschile, ebraica, storicamente e religiosamente connotata – ha attraversato i secoli mantenendo un valore spirituale e culturale ben preciso; cambiarne l’aspetto, il genere e il profilo identitario non è un dettaglio creativo, ma un atto profondamente ideologico, un segnale del nostro tempo, in cui ogni rappresentazione tradizionale viene riscritta per adattarsi a criteri di inclusione sempre più rigidi e imposti.
L’inclusività è un valore importante, ma quando diventa un obbligo culturale che trasforma ogni simbolo in qualcosa di instabile e privo di radici, rischia di ottenere l’effetto opposto: non più unire, ma confondere.
Quando tutto può essere tutto, allora nulla ha più significato, e in questo caso non si rompe un tabù per cercare nuove verità, ma si sostituisce un simbolo per riscrivere ciò che rappresenta.
E il pubblico ha il diritto di chiedersi dove finisce l’arte e dove comincia l’ideologia.
Attualità
Omicidio a Racale: quando la violenza nasce dentro casa

Una donna uccisa a colpi d’accetta dal figlio, una casa di famiglia trasformata in scena del crimine. A Racale, nel leccese, il pomeriggio del 17 giugno si è consumato un delitto che sconvolge un’intera comunità: Teresa Sommario, 53 anni, è stata trovata senza vita nel proprio appartamento, colpita ripetutamente alla testa e al petto. L’aggressore è il figlio maggiore, Filippo Manni, 21 anni, fermato poco dopo in stato confusionale.
Il dettaglio più inquietante, oltre alla brutalità del gesto, è la sua matrice familiare…la violenza, ancora una volta, non arriva dall’esterno: avviene tra le mura domestiche, dove dovrebbe esserci protezione, affetto o almeno convivenza. Non è un caso isolato, il contesto di conflittualità all’interno della famiglia Sommario era noto ai vicini: litigi frequenti e tensioni che, probabilmente, covavano da tempo.
Resta da capire come e perché questa tensione sia esplosa in modo tanto estremo. È una domanda che accompagna ogni caso di cronaca nera in ambito familiare, ma che continua a non trovare chiarimenti adeguati. Il delitto di Racale ci mette davanti, ancora una volta, al nodo irrisolto della violenza che nasce all’interno di legami affettivi spezzati e distorti.
Il figlio minore, presente al momento dell’aggressione, lancia l’allarme. Anche questo elemento pesa: i figli come testimoni, e spesso vittime indirette, di drammi che segnano per sempre intere esistenze.
L’indagine chiarirà i contorni esatti della vicenda, il movente preciso e le responsabilità. Ma sullo sfondo resta una considerazione difficile da ignorare: le fratture all’interno della famiglia, quando ignorate o sottovalutate, possono degenerare e trasformare una casa qualunque nel teatro di una tragedia.
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