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Attualità

L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

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L’ 8 e il 9 Giugno si vota: una scelta che riguarda tutti

L’8 e il 9 giugno milioni di cittadini italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su due referendum abrogativi, che toccano temi centrali come il lavoro e l’immigrazione, e come troppo spesso accade, milioni di persone non ci andranno: rimarranno a casa per disillusione, per indifferenza, perché “tanto non cambia nulla”.

È una rinuncia, non solo a un diritto, ma a una possibilità concreta di contare, di orientare scelte che riguardano il lavoro e le politiche migratorie. Si vota per dire sì o no a norme che regolano direttamente i diritti dei lavoratori e le politiche migratorie.

Non partecipare a questo processo è un errore e, in parte, una colpa. Perché chi non vota, lascia agli altri la responsabilità di decidere. Ogni voto perso è un pezzo di democrazia lasciato indietro, un’occasione che si spegne.

In Italia siamo spesso bravi a lamentarci, a denunciare l’incoerenza dei partiti, l’inutilità delle istituzioni, la distanza della politica. Ma poi, quando c’è l’occasione per fare la propria parte, si resta indietro, si sceglie il silenzio.

Votare non è un atto eroico, non risolve tutto, non cambia il mondo da un giorno all’altro, ma è un segnale di partecipazione. C’è chi ha lottato, chi ha marciato, chi ha sfidato regimi, censure e repressioni per ottenerlo. In Italia, fino al 1946 le donne non potevano votare, è passato meno di un secolo, e prima ancora milioni di italiani – poveri, analfabeti, lavoratori – erano esclusi dalle urne per legge.
Il suffragio universale è una conquista recente ed è costato sacrifici e battaglie civili. E oggi, non partecipare al voto con indifferenza significa anche mancare di rispetto a quella memoria, a chi ha aperto la strada per farci contare e per farci scegliere.

Chi ha perso il diritto al voto, nella storia, sa quanto vale.
Noi lo diamo per scontato, e invece oggi, più che mai, va difeso.

L’8 e il 9 giugno si vota. Non è uno slogan, è un invito, ma anche qualcosa di più: una responsabilità personale e collettiva. Chi se ne tira fuori, poi, non potrà dire che la politica non lo rappresenta, perché ha scelto di non esserci.

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La bellezza può uccidere? Le mani pericolose del dottor Bravi

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La bellezza può uccidere? Le mani pericolose del dottor Bravi

Roma — Il nome di Carlo Bravi è ormai tristemente noto nel panorama della chirurgia estetica italiana, ma per motivi tutt’altro che professionali: il medico, sospeso dall’Ordine e già coinvolto in diverse inchieste giudiziarie, è finito agli arresti domiciliari dopo essere stato sorpreso dai carabinieri del NAS mentre eseguiva un intervento di otoplastica in un appartamento del quartiere Quadraro, nella Capitale. L’ambiente? Una camera da letto disordinata e sporca, con i cani dei residenti liberi di circolare, mentre una giovane donna sudamericana veniva sottoposta a un’operazione chirurgica clandestina, con tanto di anestetico già somministrato.

Carlo Bravi non è un nome nuovo per le autorità. Già sospeso dall’Ordine dei Medici, è attualmente indagato per la morte di Simonetta Kalfus, 62 anni, deceduta il 18 marzo all’ospedale Grassi di Ostia per una sepsi sopraggiunta dopo un intervento di liposuzione effettuato privatamente in uno studio a Cinecittà.

Ma non è tutto: Bravi è coinvolto in un’altra indagine per un sospetto caso di mastoplastica eseguita il 14 marzo 2024 a Roma, e nel 2017 era già stato condannato a un anno di reclusione per un lifting al seno che provocò gravi complicazioni a una paziente, lasciata senza assistenza medica adeguata.

Nonostante il quadro giudiziario pesante e la sospensione professionale, Bravi ha continuato a operare in clandestinità. L’ultima operazione interrotta dai carabinieri del NAS ha mostrato in modo lampante l’abisso tra la chirurgia legale e quella abusiva: nessuna sala operatoria, nessuna sterilità, ma un letto improvvisato, sporcizia, animali domestici e un’infermiera in pensione come assistente.

Viviamo in un’epoca in cui il culto dell’immagine e l’inseguimento della bellezza “a basso costo” portano molte persone ad affidarsi a professionisti senza scrupoli, spesso conosciuti tramite social network, dove l’apparenza e le recensioni costruite contano più dei titoli accademici e delle autorizzazioni ufficiali.

Serve un controllo più severo, ma serve anche una maggiore cultura della salute tra i cittadini: un’operazione chirurgica, estetica o meno, non è mai un atto banale. Affidarsi a professionisti riconosciuti, verificare le credenziali, diffidare dei prezzi troppo bassi o delle “offerte da social” non è solo prudenza, è un dovere verso se stessi.

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Il giallo di Emanuela: corpo tra i cespugli e nessuna traccia

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Il giallo di Emanuela: corpo tra i cespugli e nessuna traccia

La tragica vicenda di Emanuela Ruggeri, il cui corpo è stato ritrovato senza vita tra i cespugli di via del Mandrione, solleva interrogativi inquietanti che non possono essere ignorati. Sei giorni di silenzio, un ultimo messaggio alla madre – “Vado al mare” – e poi il nulla: nessuna traccia, nessun testimone, nessuna telecamera. Solo un cadavere in avanzato stato di decomposizione in una zona degradata e pericolosa di Roma.

Finora gli elementi accertati lasciano spazio a poche certezze e molte ipotesi: non ci sono segni evidenti di violenza, ma il corpo nascosto nella vegetazione fa pensare a un tentativo deliberato di occultamento. Difficile immaginare un malore o un incidente in un luogo così isolato senza che qualcuno abbia notato qualcosa.

L’ipotesi tecnica di “morte in conseguenza di altro reato” apre a un ventaglio di possibilità: potrebbe trattarsi di un gesto volontario, di un evento accidentale, o – come molti temono – di un crimine coperto con cura.

In attesa dell’autopsia e dell’analisi dei tabulati telefonici, ciò che resta è un senso profondo di inquietudine, non solo per la morte di Emanuela, ma per il vuoto di sicurezza e trasparenza che vicende come questa continuano a mettere in luce nella nostra società.

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