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Clan dei casalesi: un’analisi dell’ascesa della Camorra in Campania
Il clan dei Casalesi rappresenta una delle più potenti organizzazioni criminali italiane, la cui storia si intreccia con il tessuto sociale ed economico della Campania e oltre. Questo documentario esamina l’evoluzione del cartello camorristico, dalla sua origine al progressivo smantellamento, analizzando le sue strutture, i suoi affari e le figure principali, sottolineando l’impatto devastante sulle comunità.
Il clan affonda le radici nella camorra agraria dell’Agro aversano, nell’area della provincia di Caserta. Inizialmente attivo nel controllo agricolo tramite estorsioni, il gruppo si avvicinò negli anni ’70 alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. La vera potenza del clan si concretizza nella seconda metà del XX secolo grazie a Antonio Bardellino, che lo trasforma in una holding criminale, portandolo in cima alla gerarchia camorristica.
I Casalesi si differenziano da altre organizzazioni camorristiche per la loro struttura a cartello di bande criminali. Funzionano come una federazione, mantenendo una cassa comune e l’autonomia dei gruppi. Questa organizzazione presenta una struttura piramidale con una “Cupola” decisiva.
L’Agro aversano costituisce l’epicentro del potere dei Casalesi, che hanno una forte presenza a Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa e Casapesenna. Da qui, il clan ha esteso la sua influenza su gran parte della provincia di Caserta, nel basso Lazio e oltre, infiltrandosi anche in economie di altre regioni come l’Emilia-Romagna e il Veneto.
Il clan ha creato un vasto impero economico, basato su diverse attività illecite e sull’infiltrazione nell’economia legale. Traffico di stupefacenti, estorsioni, traffico illecito di rifiuti e controllo degli appalti pubblici sono solo alcune delle attività criminali dominanti. Bardellino riconobbe presto le potenzialità del traffico di cocaina, stabilendo rotte dal Sud America. Il “pizzo” imposto a commercianti e imprenditori ha rappresentato una fonte di guadagno e un modo per esercitare controllo. L’attività di smaltimento illecito dei rifiuti ha causato notevoli danni ambientali nella “Terra dei Fuochi”, mentre l’infiltrazione nelle amministrazioni locali ha consentito al clan di pilotare appalti pubblici, in particolare nel settore edilizio. Dalla fine degli anni ’80, con Francesco Schiavone al timone, il clan si è evoluto in una “multinazionale del crimine”, reinvestendo i guadagni illeciti in vari settori economici, fino a controllare persino squadre di calcio.
Tra i membri più influenti, spicca Antonio Bardellino, fondatore carismatico, assassinato in Brasile nel 1988, evento che innescò una sanguinosa guerra di successione. Francesco Schiavone, noto come “Sandokan”, emerse come leader indiscusso dopo Bardellino. Arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo, ha recentemente iniziato a collaborare con la giustizia. Francesco Bidognetti, detto “Cicciotto ‘e Mezzanotte”, era il braccio destro di Schiavone, specializzato nel racket dei rifiuti. Michele Zagaria, considerato il “re del cemento”, fu latitante per 16 anni prima di essere arrestato nel 2011. Infine, Antonio Iovine, alias “o’ Ninno”, è stato condannato all’ergastolo e si è successivamente pentito, mentre Giuseppe Setola, noto per la sua violenza, guidò un’ala stragista del clan, responsabile di svariati omicidi, tra cui la strage di Castel Volturno.
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