Attualità
Stupro di Palermo: la finta disperazione dei 6 aggressori “è una tattica”

Pugno duro annunciato e, almeno per il momento, il pugno duro è stato usato dal Gip sui 6 aggressori dello Stupro di Palermo.
Tutto mentre il settimo, quello “minorenne”, pensando di essere in salvo ha ricominciato i post sui social. L’analisi delle chat ha dato una immagine più approfondita di ciò che veramente i ragazzi credono dell’accaduto.
“È stato uno spasso”- “Sopra di lei eravamo tutti”: sono solo alcuni dei messaggi scambiati poco prima dell’arresto, a qualche minuto dalla diffusione della notizia sui social nazionali. I ragazzi secondo il Gip non hanno nessun ravvedimento per ciò che hanno fatto. Hanno paura del carcere e delle botte che riceveranno dai detenuti.
Il commento di un amico di famiglia: “Anche se fosse solo rimasto in disparte a guardare, senza aiutare la ragazza, meriterebbe la galera. Mi fa schifo”. Secondo quest’ultimo a stare soffrendo le peggiori pene dell’inferno sono, oltre la malcapitata, i genitori degli aggressori distrutti sia dalle azioni dei loro figli che dalla loro reazione “tutt’altro che di costernazione” .
La difesa dei sette ragazzi coinvolti nello stupro di Palermo
I ragazzi le stanno tentando tutte per dare una versione “di gruppo” durante gli interrogatori con il giudice. Ma la polizia sta piano piano smontando tutto il loro gioco attraverso la ricostruzione della chat. Una prova su tutte è schiacciante: si trova nelle chat un amico dell’aggressore. L’unico forse a non aver chiesto il video dello stupro e ad avere assunto una posizione di forte critica nei confronti della vicenda
Il ragazzo avrebbe scritto: “Però è brutto così“, riferendosi allo stupro, al che uno degli aggressori (il minorenne) avrebbe cominciato a spiegare che invece in quel modo sarebbe stato “uno spasso“. Le indagini sullo Stupro di Palermo sono seguite attentamente dal team di “La Cronaca di Roma”, rimanete connessi.
Speriamo che certi episodi possano interrompersi per il bene di tutta la nostra società.
Attualità
Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

RiderSottoAttacco Un rider di Roma derubato per la seconda volta in sole 24 ore – scopri i dettagli di questa inquietante escalation di crimini urbani!
Immaginate di essere in sella alla vostra moto, consegnando cibo per le strade affollate, quando improvvisamente vi ritrovate senza telefono, soldi e mezzo di trasporto: è esattamente ciò che è accaduto a un rider nella capitale, in un doppio episodio che sta facendo discutere e che solleva interrogativi sulla sicurezza dei lavoratori in prima linea. Secondo quanto emerso, il primo furto ha colpito il rider mentre era impegnato in una consegna, con i ladri che hanno agito rapidamente per sottrargli beni essenziali, lasciando lui e i suoi colleghi in allerta.
La sequenza degli eventi
Gli incidenti si sono verificati in rapida successione, con il secondo furto che ha ripreso lo stesso modus operandi: ladri che approfittano della vulnerabilità dei rider durante il lavoro. Fonti locali riportano che il rider, già scosso dal primo episodio, è stato preso di mira di nuovo, alimentando paure diffuse tra chi opera nelle consegne a domicilio.Le implicazioni per la sicurezza
Questa serie di furti non è solo un caso isolato, ma un segnale preoccupante per la comunità dei rider, che ogni giorno affronta rischi per le strade. Esperti del settore stanno monitorando la situazione, chiedendosi se misure più stringenti possano prevenire simili episodi in futuro – e tu, cosa ne pensi di questa onda di crimini?
Attualità
Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

Come è triste questa vita fatta di immagine, apparenza e superficialità.
I tempi cambiano, ma forse in peggio. La morte di Papa Francesco è l’emblema più lampante di come nemmeno la fede cristiana sia riuscita ad arginare lo strapotere dei social.
Rubare i fiori da piazza San Pietro come souvenir il giorno della annuncio della morte del sommo pontefice, prendersi la copia dell’osservatore Romano e rivenderla online a 500 euro e infine farsi i selfie davanti la salma di Papa Francesco, sono un segno inequivocabile che adesso tutto va condiviso e annunciato sui social network.
Alla fine anche lucrare sulle disgrazie altrui, per prendere qualche like in più, non è poi così male, soprattutto se questo serve per far salire il cima all’algoritmo il proprio profilo social.
Nella società dell’iperdemocrazia mascherata, dove il politicamente corretto è l’undicesimo comandamento e nessuno può mettere più dei paletti alla moralità altrui, la cultura, la moralità e la dignità umana si trovano in forte difficoltà.
Alla ricerca di una guida politica e spirituale che non sia quella dei social e del profitto a tutti i costi, non ci resta che lottare affinché la. vita umana non diventi una passarella dove vince chi prende più like.
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